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La rivincita del telepatriacarca omofobo: lo show va avanti

Phil Robertson, protagonista del reality americano Duck Dinasty, era finito nella bufera delle polemiche e sospeso dalle riprese per un intervista in cui paragonava i gay agli animali. Ma la rete, bombardata di proteste, ora annuncia: Phil è ancora dei nostri

La rivincita del telepatriacarca omofobo: lo show va avanti

«Iniziamo con l'atteggiamento omosessuale. L'essere bestiali, andare con una donna, poi un'altra, poi un'altra, e quegli uomini. Per me, in quanto uomo, una vagina sarebbe molto più desiderabile dell'ano di un uomo. Sono fatto così. Sto solo pensando: c'è di più! Una donna ha di più da dare! Voglio dire, dai, ragazzi! Capisci cosa voglio dire? Non è razionale, amico mio, non è razionale».
Politicamente scorrettissimo: Phil Robertson, vecchio e ricco imprenditore americano, intergralista religioso, titolare di una barba gigantesca. I soldi li ha fatti inventando strumenti per la caccia alle anatre. Ma è diventato famoso come protagonista del reality tv che in Italia è sconosciuto ma che in America ha scalato le vette dell'Auditel via cavo. Il reality si chiama Duck Dinasty e ruota intorno alla vita quotidiana di Phil e della sua folta famiglia. Un ritratto in presa diretta della profonda America, conformista e un po' sonnacchiosa. In cui è esplosa come una bomba l'intervista rilasciata dal patriarca alla rivista GQ, in cui andava giù piuttosto piatto sulle presunte devianze di ogni genere, e in particolare sull'omosessualità.
Si è scatenato il putiferio. Il network A&E si è precipitato a prendere le distanze dalle dichiarazioni di Robertson, rivendicando di essere stato sempre un sostenitore delle posizioni della comunità Lgbt (lesbica, omosessuale e transessuale) e annunciando l'espulsione di Robertson dalla serie. Ma a quel punto è stato l'intero reality a precipitare nel rischio chiusura, perché - come ci si poteva immaginare, visto il clima che regna a casa Robertson - l'intera famiglia ha comunicato di non essere disposta a girare un singolo minuto sotto le telecamere se non fosse stato reintegrato anche Phil. Meno scontato era che a sostegno di Robertson partisse lancia in resta l'intera America conservatrice, quella dei Tea parti, con in testa Sarah Palin.
Probabilmente, i responsabili del network sono rimasti alla finestra per valutare i pro e i contro della decisione di «licenziare» Robertson. E alla fine si sono rassegnati. In una dichiarazione all'Entertainment Weekly, fonti della A&E hanno reso noto che Phil apparirà regolarmente nella quinta serie destinata a andare in onda a partire dal 15 gennaio. «Stiamo trovando una soluzione. Ci prenderemo tutti un bel respiro per le vacanze e poi torneremo a incontraci. É la cosa migliore da farsi. Il tempo lenisce un sacco di ferite».
D'altronde, se il network si aspettava che fosse Robertson a chiedere scusa avrebbe dovuto aspettare a lungo: il patriarca, che pure ha ammesso di avere un passato meno ortodosso, aveva già fatto sapere di non avere nulla da rimangiarsi. «Non abbandonerò il mio sentiero», ha dichiarato.

«Siamo un branco di redneck (popolani e reazionari, ndr) della Louisiana ma non siamo degli ignoranti».

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