Romney contro la politica estera di Obama «In Medio Oriente la speranza non basta»

Un attacco diretto alla politica estera di Obama. In Medio oriente - ha detto Mitt Romney ieri nel suo discorso ai cadetti del Virginia Military Institute - è tempo di cambiare rotta. «Il presidente è sicuro nel dire che “la marea della guerra si sta ritirando” e vorrei credergli. Ma quando guardo al Medio Oriente oggi è chiaro che il rischio di un conflitto nella regione è più alto di quando è entrato in carica. So che il presidente spera in un Medio Oriente più sicuro, libero e prospero, alleato con gli Stati Uniti. Condivido questa speranza, ma la speranza non è una strategia» è stata la conclusione del suo discorso.
Prima il candidato repubblicano aveva attaccato le mosse del presidente su tutti i fronti: Iran, Siria, Iraq. «L'Iran non è mai stato così vicino alla realizzazione di armi nucleari. Non ha mai rappresentato un così grande pericolo per i nostri amici e alleati, e per noi». In Iraq secondo Romney il ritiro delle truppe Usa ha ridotto l'influenza dell'America mentre per contro ha portato a un aumento delle violenze, al ritorno di al Qaida e a «un aumento dell'influenza dell'Iran». Ultimo fallimento di Obama, la Siria. «Più di 30mila tra uomini, donne e bambini sono stati massacrati dal regime di Assad negli ultimi 20 mesi. La Turchia, nostro alleato, è stata attaccata. E il conflitto minaccia la stabilità nella regione».

Ed è vero che «l'America può essere fiera» dei risultati ottenuti dall'intelligence contro al Qaida «in Pakistan e Afghanistan, compresa l'uccisione di Osama bin Laden», ma sottolinea Romney che «al Qaida rimane una notevole forza in Yemen e Somalia, in Libia e altre parti del Nordafrica, in Iraq e ora in Siria... I droni e gli altri moderni strumenti di guerra sono importanti, ma non possono sostituire una strategia per la sicurezza nazionale».

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