Nostalghia. Non c'è nessuno al mondo come il popolo russo, forse, che non abbia così radicato, nel cuore, quel sentimento malinconico che si prova nel rimpiangere cose e tempi ormai trascorsi o nel desiderare intensamente cose, luoghi e persone lontani. Le pagine della musica, della letteratura sono lì a testimoniarlo. Ma non ci sono solo il placido Don, i boschi di betulle, i racconti di Gogol, la poesia di Puskin, le campagne incantate di Cechov e di Tolstoj e le sinfonie di Tchaikovsky. Nostalghia, a Mosca e dintorni, vuol dire anche orgoglio nazionale, il sentimento di partecipare a un viaggio collettivo straordinario e irripetibile dove eroismo, sacrificio, abnegazione segnano il destino e il valore di un popolo, nel bene e nel male, nelle sue pagine più splendide e in quelle più buie, ma dove il Male, alla fine, viene sempre sconfitto.
Non c'è vita senza nostalgia, «cioè senza memoria e senza lo struggimento dinanzi a una sconfitta...Esseri umani senza memoria non hanno un futuro: non possono nemmeno pensarlo», scrisse un comunista tutto d'un pezzo come l'oggi novantasettenne Pietro Ingrao. E chissà quanto sarà contento, un comunista duro e puro come lui, quando gli diranno che a Mosca progettano di ridare a Stalingrado il nome che le spetta: questo, appunto, e di toglierle quello, più scialbo ed esangue, di Volgograd. Cade il settantesimo anniversario della battaglia che segnò la fine della Germania nazista, e il nome della città eroica che tra l'estate del 1942 e il 2 febbraio 1943 fu al centro di spaventosi combattimenti torna a palpitare nel cuore dei russi, ai quali l'allure «imperiale» del duo Medvedev-Putin, alla fin fine, non dispiace affatto.
Questo non vuol dire che il vecchio nome di Stalingrado (come è stato per San Pietroburgo-Leningrado e Togliattigrad, che medita il ritorno a Stavropol) verrà definitivamente ripristinato, spiegano alla Duma. Per il momento vuol solo dire che il nome della città, legata alla memoria della Guida del partito e Grande Timoniere, Padre dei Popoli e Guida del proletariato mondiale, nonché Corifeo delle arti e delle scienze, al secolo Iosif Vissarionovic Dzugasvili, in arte Stalin; che il nome della città, si diceva, tornerà ad essere usato in occasione delle celebrazioni e delle ricorrenze più importanti. Poi, più avanti, si vedrà. Purché a nessuno venga in mente di ritirar fuori quelle sgradevoli storie di gulag ed eliminazioni sommarie, fame e torture che tingevano i giorni e le notti dei russi quando erano cittadini sovietici, e a uno come Fedja Scapov, un adolescente originario dell'Altaj (lo scrive Varlam Salamov ne «I racconti di Kolyma») poteva capitare di beccarsi 10 anni di Siberia per avere sgozzato la sola pecora che lui e la madre, vedova, possedevano. Erano gli stessi giorni in cui lo studente Savel'ev finiva nel gulag con l'accusa di cospirazione, dove la prova dell'«agitazione e propaganda» era data dalla corrispondenza con la propria fidanzata, mentre l'«organizzazione» -come era scritto con la massima serietà nei verbali degli interrogatori- contava due soli componenti: lui, appunto, e la sua fidanzata.
Per il 70mo anniversario della vittoria dell'Armata Rossa sulle truppe naziste, a Volgograd, a Chita e a San Pietroburgo circoleranno sabato cinque «Stalin-bus», pullman che porteranno per le strade il ritratto del dittatore sovietico. Ma non è che tutti siano contenti.
Il capo del movimento filoccidentale Yabloko, Mitrokhin, ha detto che il suo partito non consentirà di circolare agli «Stalin-bus» e ha promesso che gli attivisti vi scarabocchieranno sopra. Le bombolette di vernice spray sono già pronte, e anche i reparti anti sommossa della polizia. Ma anche questo, in un certo senso, farà nostalghia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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