Iolanda Occhipinti e Giuliano Paganini probabilmente dormivano ieri mattina all’alba, quando sono arrivate le “tecniche“. In Somalia il nomignolo è affibbiato ai famigerati pick up, zeppi di miliziani, con una mitragliatrice pesante sul retro. Decine di uomini, armati fino ai denti, prima hanno circondato la casa. Poi sono entrati a colpo sicuro sorprendendo i due cooperanti italiani. Prenderli in ostaggio è stato un gioco da ragazzi, in un paese che da vent’anni vive nel baratro dell’anarchia.
L’allarme è stato dato per primo da Ahmed Yunis, uno degli anziani della cittadina di Aw Dheegle, 65 chilometri a sud di Mogadiscio. «Tre volontari tra cui due italiani, un uomo e una donna, solo stati rapiti da individui armati che li hanno bendati e portati via», ha dichiarato Yunis. Il terzo ostaggio è Abderahman Yusuf Arale, responsabile somalo del Cins, organizzazione umanitaria non governativa con sede a Roma per cui lavorano gli italiani. Iolanda Occhipinti, 51 anni di Ragusa è un’ex infermiera e Giuliano Paganini, 66 anni, che vive a Pistoia, fa l’agronomo. Stavano lavorando ad un progetto di canalizzazione ,che avrebbe aiutato i somali a combattere la fame e la siccità. Li hanno rapiti lo stesso.
Sul loro conto circolava un’accusa gravissima per un paese infiltrato dai fondamentalisti islamici: vogliono costruire una chiesa. Rocco Borgia, fondatore del Cins (Cooperazione italiana Nord Sud) è volato a Nairobi per seguire da vicino il sequestro. «Credo che si tratti di un fraintendimento deliberato - ha spiegato Borgia -. Qualcuno che evidentemente non gradisce la nostra presenza in quell’area ha iniziato a mettere in giro la voce che eravamo lì per costruire una Chiesa». Non è vero ma i sequestratori hanno portato via anche un computer portatile per controllare tutti i file dei progetti. I familiari di Paganini sono convinti che si tratti di una banda di ladroni in cerca solo di un riscatto. Anche dall’ong romana si fa capire che potrebbe essere un sequestro lampo. Il Cins ha già stabilito «un primo contatto indiretto» con i tre cooperanti, che hanno comunicato di «stare bene e di non aver subito alcun tipo di violenza».
La faccenda si complica tenendo conto che il 2 maggio i volontari italiani sarebbero già sfuggiti ad un primo tentativo di sequestro. Secondo l’agenzia missionaria Misna, che cita fonti locali, all’ingresso di Aw Dheegle, scoppiò uno scontro a fuoco. Un gruppo di armati incappati in un posto di blocco scatenarono l’inferno e due persone vennero uccise. L’obiettivo sarebbero stati i cooperanti italiani. Non a caso la Occhipinti era stata trasferita a Merka, una città considerata più sicura. Fonti del Giornale a Mogadiscio hanno rivelato che la notte del rapimento sono scoppiati aspri scontri fra truppe governative, appoggiate dagli alleati etiopici, ed i talebani somali delle defunte Corti islamiche. L’epicentro era proprio la regione del Basso Shabelle dove è avvenuto il sequestro. «È un’azione terroristica, un atto barbarico che condanniamo», ha subito dichiarato Abdi Hajji Gobdon, portavoce del governo di transizione somalo. Per i servizi segreti locali c’è lo zampino dei fondamentalisti in armi.
Agli inizi di maggio un bombardamento mirato degli americani aveva eliminato il capo dei Shabab mujaheddin, i giovanissimi miliziani della guerra santa internazionale che stanno dando del filo da torcere al debole governo somalo. Dopo l’attacco gli Shabab hanno giurato vendetta, minacciando di colpire gli operatori internazionali.www.faustobiloslavo.com
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