Il Pil Usa cresce. Nonostante tasse e tagli

Nonostante le sforbiciate alla spesa pubblica, il giro di vite fiscale e le ricadute da shutdown, l'economia è in ripresa

Lo slancio del 2012, quando l'economia era cresciuta al ritmo del 2,8%, si è affievolito. Ma il bilancio dello scorso anno resta di tutto rispetto per gli Stati Uniti, con un +1,9% del Pil nonostante le sforbiciate alla spesa pubblica, il giro di vite fiscale e le ricadute da shutdown, la paralisi degli uffici federali in seguito al braccio di ferro al Congresso sul budget federale. «Una crescita anemica che non esiste», sottolinea infatti con puntualità il Wall Street Journal. Già. Perchè basta guardare il passo svelto tenuto nell'ultimo quarto del 2013 dall'America, quel +3,2% gonfiato dallo ritrovata voglia di shopping dei consumatori, le cui spese sono salite del 3,2%, per capire che la ripresa ha una sua solidità che non deriva unicamente dagli steroidi della liquidità abbondante e a basso costo messa in circolo dalla Federal Reserve.

Ora i numeri sono forti, sono quelli capaci di infliggere una prima, seria picconata alla disoccupazione. Sarà proprio sulla capacità di riportare nelle fabbriche e negli uffici i troppi americani ancora a spasso, che il Paese si giocherà quest'anno le chance per crescere di un rotondo 3%.

A patto che la crisi dei Paesi emergenti non spaventi troppo Wall Street, sempre meno sorretta dalla stampella della Fed. Gli altri 10 miliardi di dollari di aiuti tagliati mercoledì suonano come la conferma che la coperta di Linus dei mercati è destinata a diventare sempre più corta.

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