Le immagini sono terribili. Vi si vedono bambini di 5,7,10 anni. Corpi insanguinati, senza vita, adagiati pietosamente su alcune coperte distese su un nudo pavimento. Braccia e gambe scomposte, la maglietta arrotolata sul torace, impietosamente, perché si scorgano le orrende ferite provocate dalle schegge, dai frammenti dei proiettili sparati dai cannoni e dai carri armati. Ogni tanto qualcuno afferra uno di questi corpicini e lo offre alla telecamera, perché chi guarda, guardi da vicino e non abbia dubbi; perché chi guarda inorridisca e non dimentichi. Chi vuole, chi non crede che simili bestialità possano accadere, può andare a controllare su You Tube.
Accade a Hula, nella martoriata provincia siriana di Homs. Chi è stato? L'Osservatorio siriano sui diritti umani non ha dubbi: è stato l'esercito siriano, i lealisti del presidente Bashar al Assad. Un barrage spaventoso diretto contro una roccaforte di insorti. Oltre novanta morti. E 32 sono bambini. A riferire del tragico bilancio il generale, Robert Mood, alla guida della missione degli osservatori Onu, che ha definito il massacro «una tragedia brutale» e ha nuovamente avvertito che se la violenza non cesserà, la Siria scivolerà nella guerra civile. Ma non solo: ha confermato anche che i carri armati dellesercito hanno sparato colpi di artiglieria pesante.
I fatti sono accaduti venerdì. Ma allopera potrebbero esserci anche gruppi terroristici, primo fra tutti quel che resta di Al Qaida, il cui obiettivo è quello di innalzare il livello degli scontri. È quel che sostiene il Segretario generale dellOnu Ban Ki-moon in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza dellOnu in cui sostiene che lopposizione a Damasco controlla «parti significative di alcune città». Quanto ai risultati compiuti dalle Nazioni Unite e dai suoi osservatori sul terreno, aggiunge senza inutili distinguo Ban Ki-moon, ebbene, si tratta solo di «piccoli progressi».
Dal suo esilio in Turchia fa sentire la sua voce il generale Mustafa Ahmed al-Sheikh, uno dei più strenui oppositori del regime di Assad. «Chiediamo agli amici della Siria di creare unalleanza militare, al di fuori dellambito del Consiglio di Sicurezza dellOnu, per condurre incursioni selettive contro le bande di Assad», dice il generale. Ed esorta i combattenti rimasti in patria a compiere essi stessi «assalti mirati» contro i governativi, mentre «i connazionali in genere, soprattutto nella capitale Damasco e ad Aleppo, sono chiamati a manifestare senza soluzione di continuità».
Il Consiglio nazionale siriano invoca una riunione d'emergenza dell'Onu per «determinare le responsabilità del massacro», ma a cosa servano queste sterili prese di posizione di quellinutile caravanserraglio sulle rive dell'Hudson, a Manhattan, è il suo stesso segretario generale a chiederselo. Sicchè diventa difficile, di fronte a certe politiche dei due pesi e delle due misure, spiegare al mondo perché il colonnello Gheddafi sì e il suo pari grado Bashar Assad no.
La strage dunque può continuare. I comitati locali di coordinamento dell'opposizione sostengono che da quando è cominciata la repressione, gli uccisi in Siria sono stati 1.486 nei tre mesi da quando Kofi Annan ha assunto l'incarico di inviato speciale per l'Onu e la Lega Araba. Tra i morti, sottolineano i Comitati, vi sono 90 donne e 123 minorenni e bambini, di cui 95 maschi e 28 femmine. Inoltre, 48 delle vittime sono morte sotto tortura e 138 sono state giustiziate sommariamente.
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