Studentesse mute a fondo sala L'apartheid islamico a Londra

Posti separati e vietato alzare la mano ai seminari organizzati dagli islamici. Le università inglesi si piegano alla segregazione. Cameron: inaccettabile

Studentesse mute a fondo sala L'apartheid islamico a Londra

Londra - Non c'è posto per la segregazione di genere nelle università britanniche. In realtà, è probabile che la maggioranza della popolazione neanche sapesse della sua esistenza fino a quando il Daily Telegraph prima (in occasione della morte di Nelson Mandela) e il Sunday Times ieri non hanno sollevato l'argomento. Il domenicale ha riferito che nel corso di un seminario islamico alla Queen Mary University di Londra il pubblico femminile aveva un ingresso separato, con le donne costrette a sedersi in uno spazio in fondo alla sala, senza poter porre domande a voce o alzare la mano, costrette a scrivere i quesiti su un foglio, a differenza del pubblico maschile.
«Sembra che non abbiamo imparato nulla da quest'uomo (Mandela, ndr) - aveva scritto giorni fa un editorialista sul Telegraph - dato che nei nostri atenei consentiamo che in alcuni incontri con relatori musulmani, le donne debbano sedere in fondo alla sala, separate dagli uomini». Così si è venuti a sapere che nelle università di Sua Maestà ci sono delle linee-guida molto controverse che appoggiano la segregazione sessuale, solitamente voluta da gruppi estremisti per motivi religiosi. «Non è solo un fatto di segregazione ma anche di come stanno trattando le donne», ha detto una studentessa musulmana della Queen Mary, che non ha potuto rivelare il suo nome per timore di essere criticata. Secondo la ragazza, nel corso degli eventi organizzati dalla società islamica donne e uomini non si possono nemmeno guardare in faccia.
Nella pratica i rettori degli atenei consentono a gruppi ortodossi di separare gli studenti dalle studentesse durante gli incontri che avvengono nell'ambito del campus. Una prassi che nei giorni scorsi, per la prima volta, il premier David Cameron ha pubblicamente contrastato chiedendo che venga ufficialmente bandita. «Il primo ministro non è d'accordo con un simile regolamento - ha dichiarato il suo portavoce - e non ritiene che agli ospiti islamici che vengono negli istituti in qualità di relatori debba venir consentito di parlare a un pubblico segregato. Mister Cameron crede inoltre che le università debbano rivedere urgentemente le loro linee guida sull'argomento». Il portavoce del premier conservatore ha sottolineato che Cameron si è espresso sulla questione con assoluta fermezza specificando che la segregazione di genere doveva essere bandita anche qualora fosse stata volontaria. A sostenerlo nella sua richiesta sono arrivate anche le dichiarazioni del ministro per l'Istruzione Michael Gove che ha definito il regolamento «un incoraggiamento all'estremismo» del tutto inammissibile.
Di fronte a una simile levata di scudi, le autorità universitarie hanno dovuto effettuare un clamoroso dietrofront e sabato hanno annunciato che stanno già rivedendo alcune regole in collaborazione con la Commissione per l'Eguaglianza e i diritti umani che già si era occupata della materia studiando un caso particolare in cui il regolamento universitario consentiva la separazione dei sessi qualora le donne non fossero state costrette a sedersi in fondo all'aula, ma solo in aree separate. L'organismo aveva comunque ritenuto illegittima anche questo tipo di segregazione che quindi ora non sarà più ammessa. Si sa però che quando la materia è così scottante, i cavilli e i motivi di discussione sono infiniti. Così adesso il direttore del gruppo di rappresentanza degli atenei spiega che «la legge non è chiara quando la segregazione è di natura volontaria e quindi sarà necessario lavorare ancora insieme alla Commissione per studiare un nuovo approccio».

Una dichiarazione diplomatica, utile soprattutto a non far infuriare la comunità islamica ortodossa largamente presente nelle università inglesi. Intanto però la notizia diffusa dai giornali ha costretto il governo ad assumere una posizione netta nei confronti di una forma moderna di apartheid che rischia di riportare l'Inghilterra indietro di cent'anni.

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