Ultimatum dell'Europa alla Russia

Ultimatum dell'Europa alla Russia

New YorkCresce l'irritazione dell'Europa nei confronti della Russia sulla crisi in Ucraina. A segnalarlo è stata ieri Angela Merkel. Da Varsavia, dove era in visita, il cancelliere tedesco e il premier polacco Donald Tusk hanno fatto sapere che se la situazione non cambia nelle prossime ore, se Mosca non accetta di trattare con un «gruppo di contatto» europeo, Bruxelles passerà «al livello successivo di sanzioni». Potrebbe accadere già lunedì. Tra le misure possibili c'è un divieto sui viaggi nell'unione per i funzionari russi e per i militari coinvolti negli eventi in Ucraina. Domenica, con l'appoggio russo, la regione della Crimea voterà in un referendum: la popolazione dovrà decidere se rimanere con Kiev o passare sotto il governo di Mosca.
Un altro forte segnale di un sempre più concreto appoggio di Bruxelles al nuovo esecutivo ucraino arriverà la settimana prossima, con la firma della prima parte di quell'accordo di associazione che è all'origine dell'attuale crisi. Il patto, un'intesa politica e commerciale, è stato infatti rifiutato a novembre dall'ex presidente ucraino Viktor Yanukovych, allontanato dal potere proprio in seguito alle manifestazioni a Kiev innescate dalla sua mossa anti-europea.
Mancano pochi giorni al referendum della Crimea, e dall'Europa agli Stati Uniti sono molti i leader che accelerano gli sforzi diplomatici per evitare un'«annessione inaccettabile», come ha detto ieri il presidente francese François Hollande in una telefonata con Vladimir Putin. Il capo dell'Eliseo ha chiesto al presidente russo di «fare tutto il possibile» per non arrivare a una secessione. I ministri degli Esteri e della Difesa francesi dovrebbero viaggiare la settimana prossima a Mosca per discutere la crisi con i funzionari russi. Si presenteranno al Cremlino soltanto in caso di «progressi nel caso ucraino». Le nazioni del G7 - Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Germania, Italia, Francia e Giappone - assieme all'Ue hanno ieri spinto la Russia a evitare «l'annessione» e hanno minacciato ripercussioni: se Mosca non fa un passo indietro, individualmente e collettivamente i governi prenderanno misure.
Il tempismo dell'incontro di ieri alla Casa Bianca tra Barack Obama e il neo premier ucraino Arseny Yatsenyuk non è casuale. Il presidente ha accolto il leader ucraino nello Studio Ovale in un faccia a faccia simbolico, che ha voluto soprattutto raccontare l'appoggio dell'America a Kiev e la sua opposizione alle mosse russe. Obama ha detto che «gli Stati Uniti e il mondo saranno costretti a imporre dei costi alla Russia se non cambierà strada in Ucraina». Da parte sua Yatsenyuk ha affermato enfaticamente che «l'Ucraina non si arrenderà mai: siamo e saremo parte del mondo occidentale».
Non sono mancati i dettagli pragmatici: i due hanno discusso infatti un pacchetto di aiuti all'Ucraina di 25 miliardi di dollari. Lo sforzo americano non si limita alla visita del premier. In una missione dell'ultima ora per tentare di frenare la Russia a pochi giorni dal referendum della Crimea, stasera il segretario di Stato americano John Kerry partirà per Londra dove incontrerà il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

La settimana scorsa, il capo della diplomazia americana non ha raccolto l'invito russo per un viaggio al Cremlino. Gli Stati Uniti hanno già imposto un bando sui visti ad alcuni membri della leadership russa, in conseguenza alla crisi Ucraina, e minacciano altre sanzioni economiche.

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