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Usa, il super-cecchino Chris Kyle ucciso al poligono da un ex marine

In Iraq fino al 2009, Chris Kyle aveva raccontato la sua esperienza nell'autobiografia American Sniper. È stato ucciso a un poligono di tiro in Texas

Usa, il super-cecchino Chris Kyle ucciso al poligono da un ex marine

Una versione tragicamente reale del classico "chi di spada perisce..." racconta la morte di Chris Kyle, super-cecchino americano, protagonista di una mitologia personale che lo vuole implacabile killer dei guerriglieri durante la guerra in Iraq.

Di nemici ne avrebbe uccisi, con il suo fucile di precisione, almeno 250. Una carriera raccontata in un libro autobiografico, intitolato semplicemente American Sniper, il cecchino americano. Una vita finita al poligono di tiro a Rough Creek Lodge (Texas), colpito da un giovane ex-marine, il 25enne Eddie Routh, che a sentire la stampa locale soffrirebbe di PTSD, la sindrome post-traumatica che affligge tanti militari. Insieme a Kyle è stato ucciso anche un secondo uomo.

Nella marina dal 1999, l'American sniper aveva prima fatto il suo ingresso nei selezionatissimi commando dei Seal, per poi specializzarsi come cecchino, il ruolo che lo avrebbe reso famoso. Sul campo in Iraq per quattro volte, fino al 2009, Kyle aveva poi fondato una società di sicurezza, dedicandosi alla moglie e ai famiglia.

Gli iraqeni lo avevano soprannominato il Diavolo di Ramadi (Al-Shaitan Ramad), dal nome di una città a un centinaio di chilometri dalla capitale Baghdad, capoluogo del governatorato di Al Anbar. Tra i centri di maggior resistenza, Ramadi rimase sotto il controllo statunitense fino al 2011.

Difficile dire quante vittime uccise il super-cecchino. Il Pentagono ne ha confermate 160, Kyle ne conta oltre 250, ma dice non essersele segnate tutte. E basta il soprannome che gli diedero gli iracheni a far capire lo status leggendario del soldato, il cecchino più letale - lo ricorda tra gli altri il Telegraph - nella storia dell'esercito statunitense.

La autobiografia di Kyle, pubblicata l'anno scorso, non aveva lasciato nessuno indifferente. Considerato un eroe di guerra tanto quanto un criminale, aveva descritto la sua esperienza in Iraq come "il momento migliore della mia vita".

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