Economia

Europa: varato il fondo salva-Stati Il Portogallo: "Non vogliamo aiuti"

Dal 2013 creazione di un Fmi del Vecchio Continente con una disponibilità di 700 miliardi di euro

Europa: varato il fondo salva-Stati 
Il Portogallo: "Non vogliamo aiuti"

Bruxells - I leader dei Ventisette hanno trovato l’accordo, poco prima della mezzanotte di ieri, sulle condizioni di finanziamento del nuovo meccanismo europeo permanente di stabilità (Esm), una sorta di Fmi europeo che sostituirà a partire dal giugno 2013 l’attuale fondo salva-Stati provvisorio. L’Esm avrà una capacità di credito effettiva di 500 miliardi di euro, ma con una dotazione di 700 miliardi di euro per poter contare sulla tripla A delle agenzie di rating. I 700 miliardi saranno suddivisi in 620 miliardi fra capitale a richiesta e garanzie, e 80 miliardi di capitale in contanti, che verrà pagato dagli Stati membri in cinque rate annuali uguali a partire dal 2013 e fino al 2017. Le quote nazionali saranno decise in base alla chiave di ripartizione del capitale della Banca centrale europea.

Il no di Socrates "Il Portogallo non ha bisogno di aiuto": con queste parole il premier portoghese, Josè Socrates, ha negato oggi - al termine del vertice Ue - qualsiasi richiesta di finanziamento al Fondo salva-stati da parte di Lisbona.

Pagamenti in cinque rate L’accordo è stato più difficile del previsto, perché il cancelliere tedesco Angela Merkel è arrivato a Bruxelles con la richiesta di modificare la precedente intesa dei ministri delle Finanze dell’Eurozona (compreso il suo connazionale Wolfgang Schwaeble), che prevedeva di pagare il capitale in contanti in quattro rate, la prima, nel 2013, equivalente al 50% del totale (40 miliardi), e le altre tre nei tre anni successivi, fino al 2016. La Merkel si è impuntata sulla richiesta di cinque rate uguali, motivandola con il seguente ragionamento: se la Germania dovesse dare subito, nel 2013, 11 miliardi di euro (il 50% della propria quota di 22 miliardi), si ritroverebbe a pagare una notevole somma in interessi (ha menzionato la cifra di 900 milioni all’anno) per un capitale immobilizzato che probabilmente non servirebbe subito. L’altra ragione, non avanzata ufficialmente ma nota a tutti, è che il 2013 è un anno di elezioni in Germania, dove uno degli argomenti che hanno più presa sull’opinione pubblica è l’ossessione di dover "pagare per gli altri".

Contrari Il cancelliere tedesco si è trovato contro (fatto piuttosto raro) l’Olanda e la Finlandia, Paesi i cui governi sono sottoposti a uno stretto controllo da parte dei parlamenti sulle decisioni che accettano a livello europeo. Il governo olandese aveva già informato il suo parlamento del precedente accordo fra i ministri finanziari, mentre in Finlandia le camere sono già state sciolte in attesa delle elezioni politiche del 17 aprile. Inoltre, è stato obiettato alla Merkel che se fosse necessario soccorrere già nel 2013 un grande Paese dell’Eurozona (la Spagna, per esempio, o, meno probabilmente, l’Italia), il capitale in contanti non sarebbe sufficiente a garantire la tripla A ai prestiti dell’Esm.

La mediazione A questo punto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha convocato una riunione separata degli "sherpa" dei Ventisette, per cercare una soluzione di compromesso. La formula escogitata, che la Merkel ha subito accettato, è stata quella di aggiungere al meccanismo delle cinque rate annuali uguali una sorta di clausola d’emergenza, per cui, in caso di necessità, gli Stati membri si impegnerebbero ad aumentare le garanzie messe a disposizione dell’Esm, in modo da mantenere la tripla A. La nuova formula non risolveva i problemi di Finlandia e Olanda, ma è stato il presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, a incaricarsi di convincerli. Un’obiezione è venuta anche dal premier italiano Silvio Berlusconi, che ha detto a Juncker, secondo fonti della Commissione, "non riuscirete a convincere Tremonti".

Non è chiaro che cosa sia successo dopo, ma alla fine anche l’Italia ha accettato l’accordo.

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