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I 210 miliardi di depositi e i timori occidentali per una ritorsione

La società belga Euroclear ne ha in cassa 185. E pretende "garanzie" dagli altri Paesi europei

I 210 miliardi di depositi e i timori occidentali per una ritorsione
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I leader a esaminare i singoli punti dell'ordine del giorno del Consiglio Europeo, lasciando per ultimo il tema più delicato, il destino dei beni russi congelati. In contemporanea gli esperti delle delegazioni nazionali a sviscerare la questione in una serie di meeting paralleli. Il premier belga Bart de Wever che di tanto in tanto lasciava il Consiglio per riunirsi con la Commissione e i colleghi europei in un colloquio bilaterale dietro l'altro.

Dopo una giornata frenetica la discussione plenaria su come mettere le mani sugli oltre 200 miliardi di Mosca depositati nei forzieri europei e che dovrebbero essere versati all'Ucraina come anticipo delle riparazioni di guerra, è iniziata solo qualche minuto prima delle 18. Segno di quanto la questione sia delicata e di quanto le posizioni di partenza fossero ancora distanti. Anche se in mattinata era stato interpretato come uno spiraglio positivo il discorso del premier de Wever, che ai deputati belgi aveva parlato della necessità di essere «flessibili», sottolineando, però, che la flessibilità non poteva estendersi alle garanzie di cui il suo Paese aveva bisogno.

Proprio le garanzie sono state il vero nodo della questione lungo il percorso che ha portato fino a oggi. Il fatto che i soldi russi siano depositati in gran parte (185 miliardi su 210) presso la società belga Euroclear fa sì che Bruxelles sia in prima linea di fronte a eventuali rappresaglie di Mosca. E non è un caso che la Banca Centrale Russa abbia già avviato un procedimento giudiziario contro il Belgio, di fronte a un tribunale di Mosca, per rivalersi di un eventuale sequestro (l'udienza iniziale si svolgerà a gennaio). Ieri le autorità russe hanno minacciato di chiamare a rispondere dei beni congelati anche le banche occidentali (senza specificare quali). Sull'altro fronte l'obiettivo della Commissione Ue era fare in modo che tutti i Paesi europei accettassero di garantire pro-quota il Belgio da eventuali perdite. L'opposizione più forte è arrivata dall'Ungheria, mentre la Slovacchia sembra essersi ammorbidita, tanto da chiedere solo che i soldi siano impiegati per la ricostruzione e non per le armi. La garanzia, secondo la bozza dell'accordo che circolava ieri, non sarebbe considerata debito aggiuntivo. Ma anche così, a far paura in molte capitali è che la risposta del Cremlino prenda di mira non solo il Belgio ma i beni dei singoli Paesi in Russia. Secondo uno studio della Kiev School of Economics le potenze occidentali possiedono a Mosca e dintorni aziende per un valore di 127 miliardi di dollari. Primi in classifica sono gli Stati Uniti, poi l'Austria (pesa il colosso bancario Raiffeisen), infine Germania e Italia, il cui «gioiello» di maggior valore è rappresentato dalla filiale di Unicredit.

In settembre Putin ha fatto approvare un provvedimento che rende più facili i sequestri di beni esteri. Il rischio è che il Cremlino prosegua sulla strada già iniziata: sempre secondo la Kyev School of Economics dallo scoppio della guerra ha nazionalizzato aziende occidentali per un valore di 57 miliardi di dollari.

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