Laura Cesaretti
da Roma
Che leutanasia sia un tema difficile, e che quello coraggiosamente sollevato dal malato Piergiorgio Welby e rilanciato dal presidente Napolitano sia un dibattito destinato a dividere coscienze e schieramenti lo si comprende già dalle diverse reazioni dei presidenti delle Camere. Da una parte Fausto Bertinotti che apre e invita ad agire, dallaltra il cattolico Franco Marini che frena.
«Per quanto mi riguarda la parola eutanasia non cè, non ha spazio nel dibattito politico», è lo stop del presidente del Senato. Che se da un lato intende così rassicurare i cattolici, anche dellUnione, subito entrati in fibrillazione, dallaltra sa che su un problema drammatico per migliaia di pazienti e di famiglie non si può continuare a far finta di nulla. E dunque sottolinea che la strada da seguire è «quella del testamento biologico», già in discussione in commissione a Palazzo Madama: «Ci sono seri problemi aperti - riconosce - e il presidente della Repubblica ieri ci ha richiamato a un approfondimento. Si può e si deve lavorare seriamente in quella direzione». Il suo dirimpettaio di Montecitorio invece non alza barricate: «Le parole di Napolitano sono allaltezza di un problema drammatico e che vanno ascoltate», afferma. Quanto al rischio che il dibattito si inasprisca, Bertinotti ammonisce: «Faremmo male a sciupare un appello come quello del presidente. Faremmo bene tutti a fermarci un momento ad ascoltarlo e a pensarci».
Ma a una parte dellUnione quellappello che rompe un consolidato tabù e costringe a tirare fuori un tema che si preferirebbe restasse nel cassetto non va a genio. A farsene portavoce è la pasdaran dei ruiniani della Margherita, Paola Binetti, secondo la quale Napolitano si sarebbe fatto prendere la mano dall«emotività»: quella del presidente è «una risposta dettata dallemozione suscitata da un malato di distrofia progressiva, che ha spiegato in maniera toccante come la sua attuale vita gli sembri troppo difficile da tollerare». Argomento troppo soggettivo, sembra pensare la Binetti, che non si mostra granché toccata: «Non vorrei che Welby diventasse unicona, come Luca Coscioni», si irrita la senatrice, augurandosi che «questa vicenda non diventi un invito emotivo per indurre il Parlamento a prendere decisioni affrettate». Il timore dei cattolici è che, di fronte a casi drammaticamente reali e che fanno riflettere, come quello del radicale Welby, si manifesti una forte spinta dellopinione pubblica a favore del diritto a una morte dignitosa. Cosa di cui si mostra certo Marco Pannella: «Anche ai tempi del divorzio in Parlamento eravamo in minoranza schiacciante. Ma si scoprì che lopinione pubblica era dalla nostra parte. E credo che sulleutanasia possa andare nellidentica maniera». Oltretutto, denuncia Pannella, «leutanasia clandestina è già praticata negli ospedali, come ricorda il professor Veronesi. Il problema è che, per colpa della Chiesa, il dibattito non si è mai aperto».
Per Francesco Rutelli è «assurdo» aprire un dibattito politico su questo. Ma si dice «pronto» a una soluzione di «giusto equilibrio tra il no alleutanasia e il no allaccanimento terapeutico». Il ds Angius si rivolge anche allala cattolica dellUnione per invitarla a non fare ostruzionismo: «Non si può trincerarsi dietro posizioni pregiudiziali, ma indicare strade percorribili. Il principio che va affermato è quello dellautodeterminazione di fronte a un male inguaribile che provoca una sofferenza disumana». Leutanasia, afferma il socialista Boselli, «è un tema che scuote fortemente le coscienze, e per affrontarlo bisogna partire dalla constatazione che vi sono diverse concezioni morali e che nessuna può essere imposta a tutti». Sulla stessa linea Verdi, Pdci e Prc. «Personalmente sono favorevole alleutanasia», dice il ministro Ferrero. Un appello arriva anche dal movimento di Di Pietro: leutanasia, dice il capo della segreteria Idv Pedica, è una «scelta che compete alla coscienza personale, ed è inconcepibile da parte dello Stato proibirla a chi la invoca. I cattolici non siano chiusi e dimostrino sensibilità».
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