Cronaca locale

"Faccio la guardia all’ecomostro che in 20 anni non è stato finito"

La storia di Enzo, il custode del gigante di cemento a Ponte Lambro. Il rudere abbandonato è preso d’assalto da disperati e clandestini

La giornata di Enzo comincia alle nove del mattino quando arriva a Ponte Lambro, a bordo della sua Renault 5 Grt. Un sacco di pane fresco sul posto del passeggero e qualche giornale da leggere. Non gli serve altro. «Non posso nemmeno farmi un caffè perché hanno staccato l’acqua», dice. È lui il custode del gigante di cemento, l’edificio fantasma che da diciotto anni svetta alle porte della città. Il rudere ex Mundial, di proprietà della Beni Stabili Spa (società quotata in Borsa), costruito per Italia ’90, un’operazione immobiliare costata allora più di un miliardo delle vecchie lire e mai finita per mancanza di denaro. Abbandonato in mezzo ad un’area immensa alla periferia sud-est di Milano, a pochi passi dall’aeroporto di Linate, sulla quale sono previsti progetti di riconversione e riqualificazione ad oggi però non ancora partiti. È lui il guardiano di quell’ecomostro, diventato con il tempo anche il ricovero di disperati ed extracomunitari, che sorveglia dalla mattina alla sera. Con un regolare contratto di assunzione, s’intende. «E con tanto di stipendio», racconta Enzo, mentre fa vedere il tesserino con la sua fotografia. «Ogni venti del mese, mi trovo la mia busta paga in banca. Mica te lo dico però quanto prendo - scherza lui -. Cara grazia che ho incontrato la cooperativa che mi ha dato questo posto».
Sono due anni che viene qui tutti i giorni, dal lunedì alla domenica. «Per sei ore e quaranta, meno male che è un orario elastico: il primo turno è dalle nove alle dodici, poi riprendo alle 15 fino alle 18», spiega. Controlla che non ci sia dentro nessuno a dormire e quando trova uno o due poveracci cerca di mandarli via. «Faccio in modo che non entrino gli extracomunitari la sera - racconta mentre si sistema sulla testa il suo cappellino di lana -. Hanno messo dei pali di legno nei piani superiori per non farli cadere. E quando li trovo, cosa vuoi che dica: basta guardarmi in faccia per capire che sono buono come il pane. Cerco di farli andare via con le buone, parlandogli. Ma se non ti capiscono, sto zitto e poi al limite chiamo la polizia».
Giura di non aver paura a fare questo mestiere e poi non si può mica permettere di fare tanto il difficile, Enzo. Oggi come oggi non si trova in giro niente e prendi quello che capita. La crisi vera è già venuta e una volta che devi pagare 600 euro di affitto, cosa ti rimane per vivere? «Ho stampato assegni per vent’anni, poi mi hanno licenziato e ringrazio ancora i sindacati per questo». Sei mesi passati a dormire in una tenda vicino alla Casa della Carità, insieme al suo cane. E poi, questa opportunità spuntata per caso mentre cercava di sopravvivere aprendo e chiudendo i cancelli dei giardini di Sesto San Giovanni. «Avevo anche chiesto ai miei capi se potevo dormire qui, nel palazzo, ma mi hanno detto che era pericoloso».
La persona che c’era prima di lui però lo faceva, ricorda Antonio Tonani, una vita vissuta nel quartiere e soprannominato il «sindaco» della zona. «Prima c’era un albanese a fare il custode - spiega -. Dormiva in una roulotte, prendeva lo stipendio che gli dava la cooperativa, pagata dalla Beni Stabili. Circa 800 euro. Ma poi si faceva dare qualcosa anche dagli immigrati che andavano a dormire nel rudere. Aveva fatto un albergo nell’albergo. Poi è stato mandato via anche grazie alle mie segnalazioni».
Enzo invece è una persona per bene, non penserebbe mai a fare una cosa così. «Sono buono come il pane io.

Basta guardarmi negli occhi e lo capisci subito».

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