Falso avvocato condannato a un anno e mezzo di reclusione. Aveva truffato decine di piccoli azionisti, vittime del crack Parmalat e di un broker senza scrupoli, producendo false sentenze e altrettanto falsi ricorsi in appello. Tanto per spillare soldi, centinaia di migliaia di euro, ai risparmiatori di Roma, Tarquinia, Montalto di Castro. Ieri mattina, però, i giudici del Tribunale della capitale hanno sospeso la pena e disposto per l’imputato il solo pagamento delle spese processuali: 500 euro. Insomma, dopo il danno la beffa per i malcapitati.
Una vicenda paradossale che inizia tra il '99 e il 2001 quando alcuni piccoli imprenditori di Tarquinia decidono di acquistare dei titoli obbligazionari argentini presso una banca locale. Bastano pochi mesi per scoprire che i titoli erano già scaduti prima dell’investimento stesso. Partono le prime denunce contro l’istituto di credito tarquiniese. Per rivalersi sulla banca e recuperare il denaro, il gruppo di imprenditori, su suggerimento di un promoter finanziario locale, si rivolge a uno studio legale romano, in zona piazzale Clodio, specializzato in materia finanziaria.
"Volevamo tentare un’azione civile", spiegheranno le vittime al vicequestore Riccardo Bartoli del commissariato di Tarquinia poco prima di far avviare, nel 2008, l’inchiesta. Nello studio legale capitolino, di fatto, entra in gioco Francesco B., 46 anni, già radiato dall’ordine degli avvocati nel 2003. Ma questo, i poveretti, non lo potevano certo sapere. L’uomo chiede denaro, decine di migliaia di euro a ogni cliente, per tutte le azioni del caso. Non solo. Da lui si rivolgono anche alcuni piccoli azionisti Parmalat. A loro l’avvocato "abusivo" mostra falsi documenti di condanna in cambio di parcelle salatissime. Che aumentano fino a cifre a cinque zeri quando il truffatore, dopo averli rassicurati sul buon esito del procedimento penale, mostra loro falsi ricorsi al Tribunale del Riesame o in Appello. "Ci aveva ricontattato - racconteranno le vittime agli inquirenti - sostenendo che la causa era stata riaperta. Alla luce di tutto ciò chiedeva altro denaro come onorario per continuare ad assisterci nel processo".
Nel febbraio del 2008 gli agenti del nucleo investigativo di Tarquinia, mandato alla mano, irrompono nello studio legale capitolino e sequestrano decine di faldoni, un pc e compact disk dell’indagato. Insomma, tutta la sua banca dati con l’elenco di quanti erano caduti nella rete. Fra i documenti quelli falsificati con i timbri della Procura. Inizia il processo, questa volta ai suoi danni, e l’uomo viene condannato in primo grado per truffa a 18 mesi.
Ieri, inspiegabilmente, la pena è stata sospesa. E tutto finisce a "tarallucci e vino", con il pagamento di una manciata di euro per le spese processuali. Manco a dirlo, a dir poco infuriate le vittime del "civilista", che minacciano altre azioni legali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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