Il falso mito di "Gandhi" Vendola tra grandi sprechi, bugie e affari

Nichi lavora sull’immagine e racconta la favola del buon governo che non c’è. Dai tagli agli ospedali a quelli dei servizi le promesse mancate del governatore

Il falso mito di "Gandhi" Vendola 
tra grandi sprechi, bugie e affari

Il buon governo della Pu­glia è un mito che non esiste. Il buon governatore Nichi Vendola, il principe degli affa­bulatori, è un politico abile: è stato capace di costruirsi un’immagine cui non corri­sponde la realtà. «Sotto il ve­stito niente», si potrebbe dire rispolverando un vecchio film di Carlo Vanzina. Vendo­la appare in televisione, tiene comizi, gira il mondo, guida un partito, parla seguendo im­maginifiche quanto incom­prensibili ispirazioni. Insom­ma, ha un’intensa attività che lo porta a occuparsi di mille cose. Tutto, tranne che della Puglia che lo ha eletto presi­dente due volte: la seconda, a dirla tutta, soprattutto per gli imperdonabili errori del cen­trodestra. Eppure, se l’ultima ipotesi di federalismo fiscale andas­se in porto, il Gandhi di Terliz­zi decadrebbe automatica­mente dalla poltrona più im­p­ortante della regione per il ri­petuto sfondamento del pat­to di stabilità e l’aumento di ticket e tasse su famiglie e im­prese senza maggiori servizi ai cittadini: basterebbe con­trollare la lunghezza delle li­ste d’attesa negli ospedali.

I fondi comunitari non spesi, e che pare debbano essere resti­tuiti alla Ue, ammonterebbe­ro a un miliardo 200 milioni di euro. L’attività legislativa è un imbarazzante fallimento ai limiti dell’incompetenza, come documenta la sequela di atti annullati dalla Corte Costituzionale, per di più sui temi forti della propaganda vendoliana: il nucleare, l’ac­qua, le energie alternative, le assunzioni in sanità. Di cui Te­desco è stato assessore. Nichi ha costituito in giudi­zio la regione Puglia davanti alla Suprema Corte per soste­nere il ricorso di otto candida­ti consiglieri non eletti. Non c’è bisogno di dire che tutti gli otto erano in lista con Vendo­la e che la nomina sfondereb­be il tetto di 70 consiglieri fis­sato dallo statuto: la regione insomma, invece che restare neutrale, ricorre contro il pro­prio statuto per rafforzare la maggioranza, che già ha go­duto di un premio (14 seggi).

E pensare che a Roma il lea­der di Sinistra e libertà si batte contro la legge elettorale na­zionale che prevede il premio di maggioranza. Le promesse di una «sanità migliore» sono state smentite dalla falcidia di ospedali e po­sti- letto prevista dal «piano di rientro» proposto da Vendola al governo, per non parlare delle inchieste giudiziarie. La Puglia vanta il record nazio­nale dei posti di lavoro persi, soprattutto di laureati. E poi ci sono i tagli alla sanità, ai ser­vizi sociali, all’agricoltura, al­le politiche giovanili: ma non alla «comunicazione istituzio­nale », alle spese di immagine e all’effimero, cioè alla mac­china del consenso elettorale che alimenta il culto della per­sonalità vendoliana. Questi tagli (283 milioni di euro) hanno penalizzato i non autosufficienti, gli affitti agevolati, gli asili, i servizi as­sistenziali, l’assistenza domi­ciliare, lo sport giovanile, l’agricoltura.

Tagli apportati nel pieno della campagna elettorale 2010, quindi pochi mesi dopo l’approvazione del trionfalistico bilancio di previsione di fine 2009, decisi mentre politici e giornalisti erano impegnati in tutt’altro. Ma la regione doveva rimedia­re di nascosto al terzo sfora­mento (in quattro anni) del patto di stabilità. Tagli non ac­compagnati da misure a favo­re dello sviluppo economico, come la riduzione dell’Irap per le nuove aziende resa pos­sibile dalle ultime leggi finan­ziarie. Una «macelleria socia­le », per usare un’espressione che la sinistra radicale rinfac­cia al governo, diventata di pubblico dominio soltanto dopo le elezioni. Il presidente Vendola non ha aiutato gli impianti real­mente produttivi, dai rigassifi­catori ai termovalorizzatori, ma ha mobbizzato industrie come l’Ilva, vincolato vaste aree di territorio agricolo, osteggiato lo sviluppo urbani­stico.

L’acqua,che doveva es­sere «pubblica e gratuita», co­sta dal 1˚ gennaio il 17,5% in più e continuerà a rincarare fi­no al 2018. Le energie «puli­te » si stanno rivelando - per riconoscimento dello stesso governatore- inquinate da in­filtrazioni criminali, tant’è che ne è stata bloccata la proli­ferazione. Anche la gestione dei rifiuti è deficitaria ed espo­sta alle minacce della malavi­ta organizzata, come ha evi­denziato la visita in Puglia del­la Commissione bicamerale di inchiesta sugli illeciti con­nessi allo smaltimento. Ma l’Immaginifico si è fatto bello offrendo ospitalità ai rifiuti campani, salvo accettarne modeste quantità nelle già stracolme discariche. E il clientelismo? Un caso per tutti:l’indicazione del pro­fessor Gianfranco Viesti alla presidenza della Fiera del Le­vante.

Viesti ha guidato Finpuglia (dove in sette mesi ha lasciato un deficit maggio­re di quello che aveva trova­to) e Arti (Agenzia regionale per tecnologia e innovazio­ne): qui in tre anni ha affidato 292 incarichi di consulenza per complessivi due milioni e mezzo di euro.

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