La famiglia unita dei separati

Come può una famiglia rimanere unita anche quanto i genitori si separano? Capisco, è un paradosso. Eppure la soluzione ci aiuterebbe ad affrontare in modo meno approssimativo la crisi della famiglia italiana e la spaventosa crisi di nascite.
Con troppa disinvoltura non si ascolta la sofferenza che patiscono i figli dei genitori divisi. Un dolore che non si dimentica, che candidamente viene confessato da loro se soltanto è concessa un po’ di fiducia e confidenza. Un dolore che si ricorda ancora quando si diventa adulti, in età giusta per formare una famiglia. Le incomprensioni, i silenzi accusatori, le liti dei propri genitori che avrebbero poi deciso di dividersi, i giovani non li dimenticano. E quando si crede che la separazione potrebbe riportare un po’ di pace, ecco invece il dramma dell’affidamento con la sua sentenza illogica, innaturale per qualsiasi bambino, per qualsiasi ragazzo: tu, d’ora in avanti, avrai un solo genitore.
Come si può pensare che questa esperienza vissuta profondamente, autenticamente e dalla stragrande maggioranza di giovani, anche se in silenzio e talvolta con soffocanti rimozioni, non li renda poco fiduciosi e scettici sul vincolo matrimoniale e sul significato della famiglia?
Quando si parla di «politica della famiglia» (pessima espressione), generalmente si pensa che per affrontarne la crisi sia sufficiente distribuire qualche sostegno economico, senza riflettere sul fatto che la questione è di natura culturale, esistenziale. Però anche una legge può cominciare a trasformare un modo di pensare e di vivere.
Suggerirei al presidente del Consiglio dei ministri di inviare a casa degli italiani un librettino in cui vengono elencate e spiegate con semplicità tutte le numerose leggi varate dal governo che cambiano, migliorando, la nostra quotidianità. Tra esse ce n’è una fondamentale di questi giorni, un po’ messa in ombra da quelle sulla legittima difesa o sul consumo e lo spaccio di droga. Si tratta della legge sul cosiddetto «affido condiviso».
Si deve sapere che oggi, quando i genitori si separano, nell’83,9 per cento dei casi i figli vengono affidati alla madre; al padre solo il 3,8 per cento dei casi, e il restante 12,3 per cento riguarda forme diverse di affido. La nuova legge stabilisce che si è genitori per sempre, che sia il padre che la madre sono responsabili dell’educazione e del mantenimento dei figli nonostante la separazione.
Il paradosso di cui parlavo all’inizio, è diventato un problema che grazie a quella legge può essere risolto.
Si ricomincia dal padre, figura genitoriale sempre tenuta in disparte, sia perché la tradizionale divisione sociale del lavoro crea all’uomo l’alibi di doversi preoccupare molto più dell’aspetto economico anziché dell’educazione dei figli, sia perché le convenzioni, le abitudini, i pregiudizi fanno credere che il padre abbia meno capacità di seguire la crescita del proprio figlio. Si pensi solo a questo: un papà diviso non aveva il diritto di ricevere la pagella scolastica del figlio. Recentemente il ministro Moratti ha sanato questa assurdità, ma di tali assurdità, che minano la psiche di un bambino e che umiliano la figura del padre, ce n’erano un’infinità nelle normative sulla separazione e sul divorzio, cancellate dalla nuova legge.
Ci saranno mille scappatoie per tradire lo spirito che dovrebbe regolare «l’affido condiviso», ma la strada per ricostruire il significato della famiglia è giusta.

Finalmente si è andati incontro alla sofferenza dei figli che vivono l’esperienza della separazione dei genitori, decretando con una legge che il diritto fondamentale di un bambino è di avere una famiglia. Si è capito anche che chiamando il padre ai suoi doveri e restituendogli i suoi diritti, i bambini possono continuare a sentirsi in una famiglia anche se mamma e papà non vivono più insieme.

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