Fatwa sul libro, editore italiano sotto scorta

Come le vignette danesi e i «Versi satanici» di Salman Rushdie, puntuale quanto il bigottismo di chi la pronuncia, arriva la «fatwa» di un ayatollah iraniano contro una nuova opera dell’ingegno considerata offensiva nei confronti di Maometto. Di mezzo c’è «I fiori del giardino di Allah», romanzo arabo di Attar Farid al-Shahid, ottocento pagine che ripercorrono in chiave ironica l’intera storia islamica, riportata comunque senza sbavature o scorrettezze. Ma in pericolo stavolta c’è anche l’Italia. L’opera è stata infatti tradotta da una casa editrice veneta, la Edizioni Anordest, con sede a Villorba, Treviso. Succede così che all’improvviso la prefettura debba occuparsi di un caso che sembrava del tutto lontano. La casa editrice è stata messa sotto protezione, un suggerimento arrivato dal questore di Treviso, Carmine Damiano. E non è solo un eccesso di zelo. Un volantino in doppia lingua, arabo e italiano, è stato trovato in ambienti islamici, a Milano, dalla nostra intelligence. Anche per questo, a livello nazionale è stata inoltre programmata una sorveglianza di «discreto» livello, anche per le librerie in cui è stato distribuito il libro.
La fatwa iraniana è solo l’ultimo di una lunga e preoccupante serie di episodi che coinvolgono liberi pensatori, uomini di satira, vignettisti o scrittori, colpevoli solamente di aver trattato in una chiave non ortodossa il tema dell’islam o di aver ironizzato sull’argomento. A novembre del 2011, in Francia una molotov ha distrutto la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo che aveva annunciato l’uscita di uno «speciale» dedicato alla vittoria degli islamisti di Ennahda nelle elezioni in Tunisia: «Maometto direttore responsabile di Charia Hebdo», recitava il comunicato stampa che presentava l’iniziativa. Conclusione: «Non abbiamo più un giornale, tutte le nostre attrezzature sono state distrutte», hanno raccontato i giornalisti, alcuni dei quali hanno visto coi loro occhi la molotov entrare in ufficio da una finestra, fino all’incendio nel quale nessuno è stato fortunatamente ferito. È la prova, l’ultima prima dell’episodio che riguarda ora l’Italia, che chi tocca Maometto e chi vuole riderci sopra - come la cultura occidentale consenta senza problemi - rischia grosso. Nel 2010 i servizi segreti danesi hanno annunciato di aver sventato all’ultimo istante, grazie all’arresto di cinque persone, un attentato di matrice islamica contro l’edificio del Jyllands-Posten, il giornale che nel 2005 pubblicò le vignette su Maometto. L’obiettivo dei terroristi era di uccidere il maggior numero di persone possibile, prendendo d’assalto l’edificio del quotidiano liberal-conservatore Jyllands-Posten (JP), che il 30 settembre del 2005 aveva pubblicato 12 vignette di altrettanti artisti in cui veniva rappresentata la figura di Maometto.


La casa editrice Edizioni Anordest intanto «ringrazia per i messaggi di sostegno e solidarietà ricevuti». E aggiunge: «Saremmo felici se gran parte della società culturale, civile e politica facesse proprio il pericolo che questa minaccia rappresenta».

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