Mi dicono di scrivere un articolo pungente su Fabio Fazio. Ma come si fa? Voglio dire: Fazio è buono. Buonissimo. È il più buono di tutti: e lui è il primo a farlo sapere. Fazio sorride sempre, è un bravo ragazzo, non alza mai la voce, piega la testa in segno di pentimento. Fazio ti accoglie nel suo salotto telequalunquista dove non hai niente da temere e dove - come dice Pansa - «Marchetta rossa la trionferà». I suoi ospiti, a sentir lui, sono sempre magnifici: se arriva uno scrittore, è quello più interessante; se arriva un cantante, è quello più intonato; se arriva un attore, è senzaltro quello più bravo. Sono tutti ospiti di sinistra, e se non lo sono lo sembrano. Poi cè il momento cattivello, e le frecciate satiriche della Littizzetto: al che lui ride ma non troppo, si dissocia ma non troppo, fa il bacchettone ma sotto sotto dà di gomito. Come a dire: sono furbo solo io.
E qui sta il punto, a voler ben guardare: il guaio di Fazio è che vuole fare il doppio lavoro. Ladulatore di giorno, e il libero intellettuale di notte. Da una parte il presentatore prostrato, dallaltra il filosofo à la page dal sarcasmo sopraffino. Insomma, il martire dellinformazione, ma con locchio al portafoglio.
Ora: siccome non si possono tenere i piedi in due scarpe, col caso Schifani le due anime faziane sono andate in cortocircuito. Fazio invita Travaglio in studio, poi in diretta si dissocia (strizzandogli locchio), poi chiede scusa a tutti, direttori generali e presidenti, e infine ci ripensa: «Travaglio? Lo inviterei di nuovo, per la libertà despressione». È la classica condotta camaleontica di chi si finge buono per tenersi tutti buoni. È lintervistatore in ginocchio che però vuol montare sul piedistallo. Una sindrome emersa fin dagli esordi, nella carriera del ragazzo savonese (ragazzo si fa per dire, visto che bazzica in Rai da più di un quarto di secolo). Inizia con Raffaella Carrà in veste di imitatore, e secondo i detrattori è qui che impara ad avere una faccia per ogni situazione. Sul finire degli anni 80, nel dietro le quinte di un programma su Telemontecarlo, incontra Daniele Luttazzi e gli dice più o meno così: «Evita le battute sui militari, io ho saltato la naja grazie alla raccomandazione di Craxi». Luttazzi entra nei particolari: parla di un rendez-vous tra il presentatore e il politico nellufficio del Psi in piazza Duomo a Milano. Fazio ancora oggi nega tutto, ma la cosa gli brucia. Quando gli consegnano il tapiro doro di Striscia la notizia, il suo proverbiale savoir faire va a farsi benedire: «Non vi autorizzo a mandare in onda le immagini, questa è unaggressione!», dice il buonista Fazio a Valerio Staffelli armato solo di microfono.
Perché diciamoci la verità: per spegnere il sorriso sornione di Fazio, i metodi ci sono. Basta toccare le corde giuste, che spesso e volentieri coincidono con i cordoni della borsa. Nel 2001 fa un contratto con La7 per un nuovo programma satirico: FabShow, doveva chiamarsi, liberamente scopiazzato dal David Letterman Show americano. Il progetto salta prima dellinaugurazione per via dei costi troppo alti: ma questo non impedisce al primattore di portarsi via 28 miliardi di lire di liquidazione. Praticamente una barca di soldi senza muovere un dito. In vena di scherzi, Maurizio Costanzo gli offrirà metà del suo show al Parioli, in cambio di unuguale fetta di quel popò di gruzzolo.
Ma il buon Fabio gioca le sue carte: mamma Rai lo riaccoglie a braccia (e tasche) aperte. Talmente aperte che il sindacato giornalisti della tv di Stato scrive un comunicato di fuoco: «Ci prepariamo a riassumere con sontuosi stipendi e la qualifica di direttore il povero disoccupato Fabio Fazio, reduce da La7. I soliti amici degli amici». E così il povero disoccupato da 28 miliardi rimonta in sella. Il resto è storia. Con un colpo al cerchio e uno alla botte, Fazio raggranella nel tempo un reddito annuo dichiarato di 616.131 euro lordi (dati 2005).
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