RomaLe opposizioni (e qualche voce anche dal centrodestra) insistono sul «passo indietro», i retroscena di giornata raccontano complesse manovre attorno alla «exit strategy» per il premier, gli aspiranti testimonial del «dopo-Berlusconi» scalpitano dietro le quinte. Uno di loro, Luca Cordero di Montezemolo, ieri si è beccato luppercut di Giuliano Ferrara (nella foto sotto): «Sono contrario alle polemiche anti-casta e a risolvere i problemi con soluzioni leggere genere Coca Cola Zero, come Montezemolo».
Secondo il direttore del Foglio, che ben conosce la psicologia del presidente del Consiglio, è comunque «difficile che Berlusconi ami lidea di farsi da parte», ma allora deve lavorare per «riformare il partito in modo da creare una successione vera, che non sia un delfinato» e trasformare il Pdl «da autocrazia in democrazia». Come? Con lo strumento delle primarie, anche se come ricorda Ferrara si fa presto a dire primarie: «In America ce ne sono di cento diversi tipi», e dunque vanno regolamentate «con prudenza».
Lidea si fa strada dentro il Pdl dove trova ogni giorno nuovi tifosi, e sembra mettere daccordo esponenti politici lontani come Gaetano Quagliariello, vice presidente dei senatori berlusconiani, e lex segretario del Pd Walter Veltroni. «Se ci sediamo a un tavolo, su questo tema la legge la facciamo in un quarto dora», assicura Quagliariello. Ma per sedersi a quel tavolo, dice Veltroni, «ci vuole una condizione preliminare: ci vuole unaltra fase politica, bisogna girare pagina, serve un clima più civile». In altre parole, Berlusconi deve lasciare, «è un interesse del Paese». Il passo indietro, insomma. Ma Berlusconi non ci pensa neppure, assicura chi ci ha parlato: «Lho sentito nel weekend - rivela il sottosegretario Francesco Giro - e non mi sembra affatto intenzionato a lasciare il campo: non vuole né consegnare il Paese nelle braccia dei catastrofisti che nella storia non sono mai riusciti a fare qualcosa di buono e di concreto ma neppure in quelle dei pressapochisti che, non avendo i numeri in Parlamento per una maggioranza coesa, tentano ansiosamente di mettere insieme tutto e il contrario di tutto».
Il Cavaliere resiste, dunque. Ma ieri Repubblica raccontava con dovizia di dettagli i tentativi di convincerlo e di tessergli attorno una rete di salvataggio, trattando con i rappresentanti delle opposizioni, messi in atto da due amici di provata fede di Berlusconi come Gianni Letta e Fedele Confalonieri (nella foto sopra). Pour parler con Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani; mal di pancia interni al Pdl e alla Lega; scenari per il dopo di governi tecnici con Mario Monti premier e «i leader dei principali partiti» dentro; rassicurazioni sui destini di Mediaset.
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