La festa di S. Antonio rende più puri anche gli animali

Invocato contro gli incendi e contro quel fuoco metaforico che è l’Herpes zoster, Sant’Antonio Abate è allo stesso tempo il protettore degli animali domestici. La sua è una delle feste più diffuse nel Lazio e a Roma dove oggi si celebra la sua memoria con una festosa benedizione degli animali. Il curioso rito avviene nella chiesa di Sant’Eusebio, a piazza Vittorio (angolo con via Napoleone III), subito dopo la messa delle ore 9, e viene ripetuto in forma più ampia domenica 21 dopo la messa delle 10. Le bestie di piccola taglia, soprattutto cani, gatti e uccellini in gabbia, possono accedere direttamente in chiesa o nel portico per una benedizione individuale; i cavalli, invece, ricevono un’aspersione collettiva nel piazzale antistante.
In quest’occasione viene esposta un’immagine del santo, che lo raffigura nell’iconografia tradizionale, circondato da animali e dall’immancabile porcello che, secondo una leggenda, lo seguiva dappertutto dopo essere stato da lui guarito. È proprio questa presenza bestiale che spiega il suo patronato. Un altro motivo potrebbe essere la sua collocazione nel calendario in un periodo in cui, nella religione romana antica, erano previste benedizioni delle bestie e dei campi. Antonio, vissuto in Egitto tra il 252 e il 357, è considerato l’iniziatore del monachesimo cristiano. A circa vent’anni abbandonò la ricca famiglia di origine e si ritirò nel deserto.

Secondo la tradizione, il demonio avrebbe assunto le più diverse forme per tentarlo. Il maiale (simbolo di lussuria), potrebbe alludere al diavolo da lui sconfitto, ma ha un aspetto talmente mansueto che sembra assai improbabile.

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