Il progetto di Sergio Marchionne di costruire una grande casa automobilistica globale sta per diventare realtà. Fiat ha annunciato che la sua quota in Chrysler salirà al 46% entro giugno e che entro l’anno avrà quel 5% di azioni che ancora le manca per assumerne il controllo. «Un passo fondamentale»: così Marchionne ha definito l’accordo con il gruppo statunitense e con gli altri soci della casa di Detroit per acquisire un ulteriore 16%. Il prezzo complessivo per l’esercizio della call option sarà di 1,3 miliardi di dollari (860 milioni di euro circa). «Abbiamo scelto di stringere i tempi il più possibile, per accelerare la nascita di un gruppo unico»: Chrysler «sta seguendo uno straordinario cammino di ripresa a livello industriale ed economico» e «Fiat è pronta ad assumerne il controllo». La Borsa premia l’accordo, regalando al titolo del Lingotto un balzo del 4,49%, anche se l’agenzia Fitch ha messo il rating assegnato a Fiat (BB+) sotto osservazione in vista di un possibile taglio. Scivola invece Fiat Industrial (-3,45%), dopo la presentazione dei conti inferiori alle attese: il primo trimestre si chiude infatti con un utile netto di 114 milioni, rispetto a una perdita di 34 milioni registrata nello stesso periodo del 2010, ma anche con un aumento di oltre 10% dell’indebitamento rispetto alla fine dello scorso anno. In ogni caso, Fiat dovrà ora consolidare i conti di Chrysler nel proprio bilancio, forse prima ancora di raggiungere il 51% del capitale del gruppo americano, perché avrebbe «poco senso - sostiene Marchionne - non integrare le attività operative» delle due società.
L’accordo (che ha avuto Citibank come advisor) è «una tappa storica» anche per il presidente della Fiat, John Elkann, che garantisce il pieno sostegno della famiglia: «mio nonno Gianni Agnelli avrebbe approvato con un grande sorriso». E applaude anche Washington: «L’annuncio di oggi (ieri ndr) ci porta un passo più vicini - commenta Tim Massad, del dipartimento del Tesoro Usa - all’uscita dei contribuenti dall’investimento in Chrysler».
Grande attenzione ai movimenti del Lingotto, naturalmente, da parte del governo: «Credo sia un percorso non solo annunciato, ma in sè virtuoso», commenta l’accordo il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Ma al tempo stesso avverte: «Il governo non farà da spettatore all’eventuale disimpegno dell’industria automobilistica in Italia», ricordando che «i sindacati hanno una responsabilità importante». Sullo sfondo, infatti, restano le vertenze e i contrasti tra Fiat e Fiom, che potrebbero mettere a rischio - ha dichiarato nei giorni scorsi Marchionne -il futuro degli investimenti all’ex Bertone, a Melfi e a Cassino: le tute blu della Cgil hanno fatto ricorso anche alle vie legali.
Una critica severa alla Fiom arriva anche dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Questo atteggiamento non fa bene ai lavoratori italiani», ha detto, auspicando comunque che Fiat decida di tenere l’investimento in Italia, anche se il referendum sulle nuove regole, previsto per il 2 e il 3 maggio allo stabilimento di Grugliasco, dovesse dare esito negativo.
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