In fin di vita e costretta a fare la «pendolare»

Letti tagliati al Sant’Andrea: malata terminale bisognosa di cure rimandata a casa dall’ospedale per tre volte in venti giorni

da La Spezia

Ci sono storie di malattia che sembra non abbiano soluzione e quando oltre a questo ci si mette anche la burocrazia si piomba nella disperazione. Alla Spezia per settimane una donna, ormai ai suoi ultimi giorni, è stata trasformata in una pendolare dall'ospedale a casa e viceversa, questo sino a quando il caso non è diventato pubblico e, di colpo, quel letto in corsia che prima non c'era si è materializzato «miracolosamente».
«Spero che muoia presto». A pronunciare questa frase è Adele, una giovane donna. Parla di sua madre che ha 75 anni e poco da vivere. Soffre di amiloidosi, una forma degenerativa di tumore al midollo osseo che le provoca continue emorragie. Per superare le «crisi» deve ricorrere alle trasfusioni di sangue. I medici del Sant'Andrea, il nosocomio spezzino, le hanno tolto qualsiasi speranza.
«Pesa sì e no 48 chili e non cammina più. Ma è lucida - Adele si fa forza mentre la assiste con tutto l'amore che può - i suoi ultimi momenti vorrei che fossero dignitosi. Vorrei che avesse le cure che le servono. Invece non è così. Ci hanno sballottato dal reparto a casa e viceversa. L'ospedale infatti, per mancanza di letti, stando a quanto mi hanno detto, continua a dimettere mia mamma. Nonostante il bisogno di trasfusioni e le difficoltà di trasportare da un posto all'altro una persona ormai alla fine. A casa non può essere seguita come dovrebbe. In ogni momento si può scatenare un'emorragia e solo in ospedale può ricevere cure immediate». Nell'ultimo mese è stata un'odissea. «In un primo tempo - spiega Adele - mia mamma era ricoverata in oncologia. Poi, forse perchè per lei non ci sono più speranze e bisogna far spazio agli altri, è stata mandata a casa. Alla prima emorragia è stato però necessario il ricovero. Stavolta in Seconda medicina». Dove nei giorni scorsi sono stati tagliati 12 posti letto. Poi di nuovo a casa. «Siamo al terzo ricovero in venti giorni - precisa Adele - l'ultimo in prima medicina». Ma anche qui dopo qualche giorno si parlava di rimandarla a casa. «Nelle sue condizioni - aggiunge Adele - ci sono molte altre persone.

Da casa in caso di emergenza l'iter è lunghissimo: dobbiamo chiamare il 118 che la porta al pronto soccorso e lì, dopo una media di tre ore d'attesa, raggiunge il reparto».
La figlia si è fatta forza ed ha trasformato questa storia in un caso pubblico. L'indomani arriva una telefonata dall'ospedale: quel letto che il giorno prima non c'era è saltato fuori.

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