Politica

La finanza del Dalai Lama: «Le aziende producano gioia»

da Rimini

I due tanka che raffigurano le divinità del pantheon buddhista sorvegliano i lati del grande cartellone sul quale è riportato il tema del convegno, «Ethics in business». Sul palco del Teatro Novelli c'è Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, mentre in platea, preceduti dai display dei telefonini accesi, prendono posto gli ultimi arrivati dei circa duecento rappresentanti del mondo politico-economico che si sono dati appuntamento a Rimini per parlare appunto di etica negli affari. L'Oceano della Saggezza pare circondato da un mare di quattrini e da tutto l'armamentario occidentale forse in cerca di un'anima: blue jeans (Renzo Rosso di Diesel), televisioni (Antonio Campo Dall'Orto di La7-Mtv), banche (Corrado Mariotti, Popolare di Ancona), e in ordine sparso politici, manager, giornalisti e praticanti del dharma, cinquecento persone in tutto. L'Oceano sprizza sorrisi che alterna a fragorose risate, attratto da tutto ciò che ha un meccanismo e si muove (ventilatori, telecamere, flash), e invincibilmente votato al buonumore tanto che nemmeno il ricordo delle Torri Gemelle, evocato in una precedente conferenza stampa, riesce ad abbatterlo completamente.
Ma torniamo al Novelli dove ieri si è parlato di soldi e di come farli senza depredare il prossimo o il pianeta, e senza perdere l'anima. «So poco o niente di affari» ha esordito con una battuta il Dalai Lama. «Dovessi assumermi una qualunque responsabilità in questo campo, fallirei ben presto». Eppure, ha proseguito, la vita degli individui e quindi della società in generale è influenzata profondamente dagli affari, dalle aspettative economiche e dalla ricerca del benessere. Il Dalai Lama ha tenuto a ribadire l'importanza dell'aspetto etico di ogni attività economica, ricordando il divario preoccupante fra nord e sud del mondo che muove migrazioni incessanti di esseri umani in cerca di condizioni migliori di vita. Dal punto di vista della dottrina buddhista la realtà è tenuta assieme da una serie di cause e circostanze che creano una interdipendenza stretta fra i fenomeni. Tradotto in termini economici, ha spiegato il Dalai Lama, significa che il fare business oggi non può non avvenire in un quadro di riferimento globale che imponga una nuova visione, una nuova consapevolezza di come tutto si tiene.
È così nelle relazioni internazionali ed è così pure nella realtà aziendale. «Qualunque azienda oggi non può ritenersi solo una produttrice di beni di consumo. La sua prosperità deve recare gioia e appagamento anche a coloro che concorrono a produrre, impiegati e operai, chiamando i clienti e gli investitori in una condivisione globale degli obbiettivi». «Gli affari non debbono essere solamente diretti al profitto - ha proseguito il Dalai Lama. - Anche se è vero che senza profitto non ci sono affari». Qui il capo spirituale del Tibet ha mostrato la proverbiale abilità nel rivedere i motivi antichi alla luce di un mondo che muta rapidamente mantenendo tuttavia le sue regole fondamentali. «Alla base di qualsiasi attività occorre benevolenza e tolleranza verso gli altri. Ma anche una buona dose di realismo: ad esempio i conflitti interni alle aziende vanno ridotti, altrimenti sarà il fallimento dell'azienda stessa. Mai lasciarsi prendere dalle emozioni». Due cose proprio non riesce a comprendere il Dalai Lama: come sia possibile pronunciare la parola «globalizzazione» («è troppo difficile per la mia lingua», e via una risata) e l'ossessione per la crescita del prodotto interno lordo che accomuna tutte le nazioni industrializzate. «Se un anno si ferma la crescita, è un dramma. Ma non potrà andare avanti sempre così. Occorre prepararsi mentalmente e cambiare stile di vita».
Ha provato recentemente a trasmettere il concetto a una platea di giapponesi che pare siano rimasti perplessi. Ridurre i consumi e vivere senza eccessi è cosa ovvia per il capo spirituale del Tibet, anche perché per questa via si potrebbe salvare il pianeta dalla catastrofe imminente che si profila nella crescita economica di Cina e India: «Se anche solo la metà dei cinesi e degli indiani riuscisse a raggiungere lo stile di vita occidentale quale sarebbe l'impatto sull'ambiente?». La cosa è meno ovvia per il consumatore medio, occidentale od orientale che sia. Perciò si impone un mutamento di paradigma in cui coniugare efficacemente responsabilità d'impresa, etica e affari. Di questi temi tratterà il prossimo libro del Dalai Lama scritto con un consulente finanziario che lavora per alcune grandi aziende americane: «Occorre espandere la consapevolezza, guardare da una prospettiva più ampia.

Solo così potremo dare corso a una nuova rivoluzione umanistica che renda il XXI secolo più felice e prospero per tutti».

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