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Fini fa sparire le case come Di Pietro

Il patrimonio immobiliare di An confluirà in una fondazione: come fece l’Idv. Intanto ai partiti arriva il "regalino" annuale dei rimborsi elettorali: 121 milioni per le Politiche 2008, un euro per elettore a chi supera l'1%

Fini fa sparire le case come Di Pietro

Roma - Gianfranco Fini come Antonio Di Pietro? Gianfranco Fini come Piero Fassino? Non sono paradossi, ma è la realtà. La gestione degli immobili della «vecchia» Alleanza nazionale, evidenzia il rendiconto 2008, assomiglia parecchio a quella dell’Italia dei Valori e dell’ultima fase dei Ds. Il trend è quello seguito oramai da parecchi partiti: far confluire in società ad hoc il patrimonio immobiliare per poterlo gestire meglio.

È singolare, tuttavia, che il secondo pilastro del Pdl, alla vigilia del matrimonio con Forza Italia, abbia seguito un percorso simile a quello di due formazioni del centrosinistra spostando gli attivi su un ramo parallelo. Una strada già seguita dalla formazione dell’ex magistrato che affitta i «suoi» appartamenti all’Idv. L’affinità maggiore è però con i Democratici di Sinistra che, prima delle nozze con la Margherita, hanno fatto confluire l’ingente patrimonio immobiliare dell’ex Pci in fondazioni, alcune delle quali affittano i locali proprio al Pd. Una strada che si appresta a seguire pure An.

Fusione fredda/1. Alla nascita del Popolo della libertà i due sposi, Fi e An, non sono arrivati nelle stesse condizioni. I «finiani», che hanno elargito al nuovo partito 6 milioni, chiudono con un avanzo di 10,3 milioni, una liquidità di 30,6 milioni di euro (la maggiore tra tutti i partiti italiani) e un patrimonio netto positivo per 38 milioni. Formalmente non risultano immobili perché sono confluiti dai tempi dell’Msi in tre società: Italimmobili, Immobiliare Nuova Mancini e Isve. Le prime due contano circa 5 milioni di euro immobilizzati in terreni e fabbricati. Sono le storiche sezioni che la Fiamma comprava perché nessuno gliele affittava. E 5 milioni non sono pochi, perché i cespiti sono iscritti a costo storico. Denaro e immobili passeranno alla nuova Fondazione An, guidata dal finiano di ferro Donato Lamorte, che ha prolungato il tesseramento a marzo 2010. La formazione berlusconiana ha investito pesantemente, contribuendo con 40 milioni al nuovo partito. Nel rendiconto 2008 sono riportati i 161 milioni di ricavi per competenza che dovrebbero ritornare dai rimborsi della legislatura. Il debito bancario sfiora i 106 milioni e il patrimonio netto è positivo per 6 milioni grazie alla favorevole computazione dei ricavi. Non sorprende che Sandro Bondi nell’ultima relazione inviti tutti quanti a un «percorso condiviso» per rafforzare «l’autonomia» del Pdl. A via della Scrofa non avranno sentito.

Fusione fredda/2. D’altronde anche il Pd è nato da un’esperienza simile. I Ds, accusavano i detrattori margheritini, hanno messo le mani sul patrimonio. E infatti il Pd si regge sui suoi rimborsi e non ha immobili a disposizione, mentre 2.400 immobili dei Ds - del valore di almeno 500 milioni - sono finiti nelle varie fondazioni messe su in fretta e furia dal tesoriere diessino Ugo Sposetti. Ai vecchi Ds, nel 2008, era rimasto solo un milione e mezzo di immobili a fronte di un debito bancario di 172 milioni. Curioso che i due ex partiti alla fine del 2008 potessero contare su oltre 30 milioni di liquidità mentre il Pd aveva a disposizione solo 900mila euro. In questo caso a via della Scrofa hanno tenuto le orecchie aperte.

Politica spa. Questi fenomeni continueranno a essere possibili fino a quando «Politica spa» sarà una delle aziende più prolifiche del panorama «imprenditoriale» italiano, un’impresa la cui redditività non dipende direttamente dalla sua capacità di stare sul mercato, ma dalle elargizioni dello Stato, cioè dei cittadini, nei suoi confronti. Solo in questo modo si possono spiegare i circa 121 milioni di euro «rastrellati» sotto forma di rimborsi dalle otto principali formazioni che hanno partecipato alle elezioni politiche del 2008. Il totale poi supera i 160 milioni se si considerano i singoli partiti, che due anni fa si presentarono in coalizione o confluirono nelle due maggiori formazioni, Pdl e Pd. E che continuano a incassare i rimborsi delle elezioni 2006 e delle varie amministrative. Certo, finché i partiti continueranno a ricevere il quintuplo di ciò che effettivamente spendono, come segnalato recentemente dalla Corte dei Conti, questa tendenza è destinata a proseguire. Non è tuttavia edificante che le associazioni politiche, anche in un anno di crisi come il 2008, abbiano potuto sedersi su una montagna di liquidità, denaro sonante immediatamente disponibile, di oltre cento milioni di euro, circa 200 miliardi di vecchie lire. Somme che in alcuni casi vengono utilizzate per acquistare titoli di Stato con il beffardo effetto che la Repubblica paga i partiti due volte: con i rimborsi e con gli interessi su Bot e Cct.

Un fiume di soldi. Ai soldi pubblici si aggiungono quelli più o meno privati. Le contribuzioni di singoli e società ai partiti sono ammontate nel 2008 a oltre 100 milioni di euro. Quaranta volte più delle quote associative, che si sono fermate a 2,5 milioni di euro. In alcuni casi i finanziamenti provengono da deputati, senatori o dai gruppi parlamentari che a loro volta li ricevono dalle rispettive Camere. In altri sono frutto di lobbying: imprese metalmeccaniche che finanziano tanto Fi quanto il Pd, televisioni private come Sei tv che elargiscono finanziamenti a Fi, Lega e Idv. Tanto, fino a 103mila euro si può detrarre il 19% dei finanziamenti.

La politica conviene, ai cittadini un po’ meno.

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