Roma - Fini flirta con Di Pietro pur di arrestare Berlusconi. E Casini storce il naso. Il presidente della Camera infatti sarebbe orientato ad appoggiare il referendum abrogativo targato Idv per togliere al Cavaliere lo scudo del legittimo impedimento. Una tentazione che irrita il leader dell’Udc, refrattario agli inseguimenti della sinistra forcaiola. La notizia del corteggiamento Fini-Di Pietro, anticipata dal quotidiano la Stampa, è stata bollata come «destituita di ogni fondamento» dal portavoce di Fini ma soltanto nella parte relativa a un «summit segreto» tra Gianfranco e Tonino. In realtà ambienti finiani confermano la voglia del capo dei futuristi di dar man forte al leader di Montenero di Bisaccia per trascinare Berlusconi a processo. Secondo un anonimo finiano l’intesa sarebbe in via di perfezionamento.
Fini, cercato da Tonino perché bisognoso di una sponda politica sul tema referendum, si sarebbe dichiarato disposto a cancellare la norma che assicura «un sereno svolgimento delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge» al premier qualora l’iniziativa avesse coinvolto tutte le opposizioni. In pratica se, su questo tema, si riuscirà in futuro ad amalgamare la cosiddetta «santa alleanza» antiberlusconiana che vada dall’Idv al Fli, passando per Pd e Udc. Un’ipotesi, questa, che ha fatto ben sperare l’ex toga di Mani Pulite che il referendum l’ha proposto e sostenuto. «Saranno i cittadini a bocciare la vergognosa norma che va contro il principio del “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”», gongolava Tonino lo scorso 3 febbraio quando la corte di Cassazione ammise il quesito dipietresco. Ma nelle fila dei centristi resta il malumore per eventuali prese di posizione filodipietresche.
Sui referendum, inoltre, resta l’azzardo del quorum visto che dal lontano 1995 non si raggiunge la soglia del 50 per cento più uno degli aventi diritto. In questo caso appoggiare il colpo di bianchetto al legittimo impedimento e poi fallire miseramente sarebbe un bel boomerang politico. Tuttavia uno spiraglio, dal punto di vista degli antiberlusconiani, c’è. I referendum devono per forza tenersi entro giugno e tocca al Viminale, ossia al governo, stabilire la data migliore. Le opposizioni, ovviamente, potrebbero spingere affinché i quesiti si tengano il 29 maggio, data del secondo turno delle elezioni amministrative. In questo modo, è la loro tesi, lo Stato risparmierebbe 350 milioni di euro ma soprattutto, con un election day, aumenterebbe l’affluenza alle urne.
L’accordo Fini-Di Pietro, invece, sarebbe decisamente in salita sugli altri quesiti referendari proposti dall’ex pm: quello sul nucleare e quello sull’acqua. Sull’atomo Fini avrebbe manifestato la possibilità di essere neutrale. D’altro canto tra i futuristi - e non solo lì - non c’è un idem sentire. Uno come Fabio Granata, infatti, sarebbe ben contento di abrogare i provvedimenti che con il governo Berlusconi hanno riaperto la strada a nuove centrali. Sull’acqua invece lo scoglio è maggiore. Il presidente della Camera avrebbe infatti evidenziato la scomodità della sua posizione. «Come faccio a chiedere ora che si cancellino delle norme scritte dal mio uomo quand’era al governo?». Si tratterebbe infatti di abrogare dei provvedimenti voluti dal ticket Fitto-Ronchi sulle modalità di affidamento con gara a privati dei servizi pubblici di rilevanza economica. Così l’accordo pieno tra Antonio e Gianfranco non è stato raggiunto ma i contatti restano in piedi.
I problemi di coerenza sarebbero superati nel caso di appoggio referendario al legittimo impedimento sebbene restino evidenti. In primis perché quando il provvedimento divenne legge lo votarono tutti gli attuali futuristi, all’epoca inquadrati nel Pdl: da Bocchino a Briguglio, passando per Granata e Della Vedova. In secundis perché soltanto cinque giorni fa il presidente della Camera giurava che «non è né saggio né giusto auspicare che Berlusconi possa essere costretto a rassegnare le dimissioni per via giudiziaria. Berlusconi va sconfitto politicamente, con le elezioni». Ma Fini alle giravolte ci ha abituati da tempo. Ma soprattutto il suo obiettivo politico resta quello di dare la spallata al Cavaliere. Con il quale anche ieri ha duellato a distanza ma senza picchiare duro come al solito.
«Secondo Berlusconi avrei siglato un patto con l’Anm per impedire la riforma della giustizia? - ha risposto Fini durante la trasmissione Otto e mezzo - È risibile, andiamo oltre».
E ancora: «Con Berlusconi abbiamo una concezione diversa se ritiene che il fatto di essere eletti dal popolo significa non poter essere sottoposti a processo». Poi una promessa: «Se fallisce il progetto del Fli lascio la politica».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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