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Fini tra i rifiuti: «È uno schifo I manifestanti non hanno torto»

nostro inviato a Napoli

«Che schifo, questa città non merita tutto questo». Sono da poco passate le due del pomeriggio quando Gianfranco Fini, accompagnato da un drappello di suoi parlamentari - Andrea Ronchi, Ignazio La Russa, Donato Lamorte e Mario Landolfi - scende dall’auto e si addentra per i vicoli attorno a Porta Nolana, nel cuore di Napoli. Il leader di An ha scelto di esserci, di segnare la presenza, di portare la sua solidarietà a una città che geme sotto il peso di tonnellate di rifiuti, abbandonati come variopinte e maleodoranti colline della vergogna a ogni angolo di strada. Una città dove la rabbia è palpabile e rischia di sfogarsi contro ogni figura che ricordi le istituzioni. Ma Fini accetta il rischio e si inoltra per le stradine dove il commercio degli ambulanti è la regola e, al tempo stesso, lo specchio e il respiro dell’illegalità della sopravvivenza.
L’accoglienza è festosa. Il capannello dei fan e dei curiosi, colorato e multietnico, si materializza in un attimo. E l’inattesa passeggiata rompe, per qualche momento, i riti del quartiere. Ci sono i cinesi che, vedendo la piccola marea di folla e telecamere in movimento, cercano di chiudere in fretta e furia i loro tavolacci disseminati di attrezzature elettroniche. Napoletani e nordafricani, invece, lo riconoscono e gli gridano di tutto. «Gianfra’, vogliamo cacciarlo a Bassolino?»; «Questi che ci governano sono assassini! Noi siamo gli ultimi sopravvissuti»; «Dai retta a me, mettiti la mascherina!»; «Fini, sindaco di Napoli». Il leader di An sta al gioco con tutti. Un tunisino dall’aspetto dimesso - per usare un eufemismo - gli si avvicina e il numero uno di via della Scrofa inizia a scherzare con lui in francese, con l’altro che stupito si adatta all’inatteso omaggio linguistico. La salumeria Scarciello lo invita a provare le specialità della casa, mentre le signore si affrettano sui balconi, tra applausi e sporadiche grida di protesta, all’insegna di un paio di «vergogna» rivolti a tutta la classe politica.
Fini ascolta, replica, scherza, gioca. Una donna lo avvicina e, con fare pirotecnico, gli annuncia che lei la tassa sull’immondizia non la pagherà più. Un signore lo invita a mobilitare il partito per rimuovere «o' governatore». E Fini di rimando: «Sì, però, qui c’è qualcosa che non torna. Ora Bassolino qui non l’ha votato nessuno. Siete per caso diventati tutti di destra?». Arrivato su corso Umberto, il leader di An si ferma a una bancarella e compra due statuine di Pulcinella per venti euro. Il venditore lo omaggia di un corno: «Non si sa mai, preside’».
Fin qui i gesti e l’abbraccio della città. Ma anche le parole di Fini sono all’insegna della solidarietà per una città ferita. «Napoli ha il sacrosanto diritto di chiedere conto di questo scempio che ha sporcato il nome della città nel mondo», dice il presidente di An. «La mia presenza è un atto d’amore e di speranza. Qui non siamo di fronte a un disastro annunciato. Le responsabilità sono di chi ha dell’ambiente une percezione pseudo-ideologica. E poi, naturalmente, di Bassolino che se avesse un minimo di dignità prenderebbe atto della necessità morale di dimettersi.

Prodi, invece, dovrebbe chiedere un sacrificio di tre mesi alla popolazione di Pianura ma prima dovrebbe cacciare il responsabile dello scempio e sospendere il pagamento della tassa sui rifiuti. Altrimenti il cittadino finirà per sentirsi cornuto e mazziato davanti a questo disastro».

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