La strada intelligente per continuare ad abbassare le tasse

Ecco come il nuovo taglio dell’Irpef toccherà la classe media e può essere sostenibile. Il ruolo dei consumi

La strada intelligente per continuare ad abbassare le tasse

Il taglio delle tasse per i contribuenti è come il miele per le api: non c’è nulla che interessi di più. E ora, con la manovra finanziaria in vista, il governo riapre il dossier. La strada è stretta: da un lato ci sono i vincoli di finanza pubblica (che impediscono di ridurre le entrate senza avere coperture adeguate), dall’altra ci sono spese incomprimibili (non si possono reperire risorse tagliando servizi essenziali come sanità o scuola). Tuttavia il governo di centro destra che compie tre anni, ha fin da subito scelto una strada intelligente e sostenibile per alleggerire la pressione fiscale. I cui cardini, si può dire, sono due: il primo è considerare il taglio delle imposte la priorità davanti alla quale tutto va in seconda battuta, comprese le pensioni (intese come età pensionabile). La seconda è quella di selezionare quasi “chirurgicamente” alcune fasce di reddito. Per poi procedere ad ampliamenti successivi. In questo modo si punta a mettere più euro in tasca a chi ne ha più bisogno, senza perdere di vista il saldo finale dei conti pubblici. In proposito, detta legge il giudizio del mercato: lo spread, ai minimi di sempre, è lì a dimostrare che il ministro dell’Economia Giorgetti non fa mai il passo più lungo della gamba.

Il primo grande intervento, in vigore dal 2024, è stato quello di sopprimere un’aliquota, lasciandone solo tre: è sparito lo scaglione su cui – tra i 15 e i 28mila euro di reddito – si pagava il 25%. Ora, per i redditi fino a 28mila euro, si paga il 23%. In estrema sintesi, per chi aveva un reddito di 30mila euro, le imposte sono scese 260 euro l’anno. Idem per chi guadagna 50mila o 60mila, mentre a salire il risparmio è stato neutralizzato dalla rimodulazione delle detrazioni fiscali. In questo modo si è andati – con precisione “chirurgica” – ad aiutare la fascia +debole dei contribuenti e la parte bassa del ceto medio.

Essendo questo il target del governo, che punta a dare maggiore potere d’acquisto - partendo dal recupero del fiscal drag – ora si punta più in alto: ai 9 milioni di italiani che dichiarano tra 28 e 50mila euro l’anno si vuole tagliare la seconda aliquota dal 35 al 33%. Allargando anche lo scaglione fino a comprendere quei 940mila che stanno tra 50 e 60mila euro. In pratica, l’approdo finale è una seconda aliquota del 33% (contro l’attuale 35%) e uno scaglione che va da 28 fino a 60mila euro (oggi si ferma a 50mila, poi l’aliquota sale a 43%). Per darvi un’idea, per chi dichiara 50mila, il taglio aumenta da 260 a 700 euro l’anno. Mentre a regime, per chi dichiara 60mila il taglio sale fino a 1.700 euro l’anno. Naturalmente le aliquote valgono per tutti, ma anche in questo caso c’è da immaginare che gli aumenti verranno sterilizzati per le fasce di reddito più alte, attraverso una nuova manovra sulle detrazioni fiscali. In altri termini, per chi dichiara 100mila euro potrebbe non cambiare nulla. Ma è proprio questa progressività che permette a queste manovre di essere sostenibili, anche grazie ai maggiori consumi che arriveranno da questa fascia di ceto medio.

Pensare che venga fatto tutto e subito pare difficile, forse velleitario (il costo – per le casse dello Stato, si aggira intorno ai 9 miliardi). Lo è, come ha detto recentemente Giorgetti, a causa delle incertezze dovute alle nuove spese per la difesa.

Il faro deve restare la sostenibilità dei tagli fiscali e quindi la manovra potrebbe partire dal solo taglio dell’aliquota del 35%. Ma immaginare che di qui alla fine della legislatura del 2027 l’intero progetto vada in porto, ci pare verosimile. E ci contiamo.

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