Mirabello (Ferrara) - Gianfranco Fini è arrivato alla Festa di Mirabello tra tricolori, bandiere di Alleanza Nazionale e vuvuzelas. In prima fila Elisabetta Tulliani, vestita di blu. Fini ha alzato i toni con un'ora e mezza di discorso, un intervento durissimo nei confronti del governo e del premier. Nessuna risposta sull'affaire Montecarlo. Il leader di Fli ha assicurato dal palco che non ci saranno cambi di campo o ribaltoni. Ma per traghettare la legislatura al suo termine naturale occorre un "patto di legislatura", ha precisato.
Uno sguardo alle radici Fini ha iniziato il suo intervento rispolverando la memoria della festa di Mirabello, le sue radici familiari, il passaggio del testimone di Almirante nel 1987 e la nascita del Pdl. Poi un saluto a Mirko Tremaglia, presente in platea, "simbolo della continuità ideale".
"Qui a Mirabello la destra italiana ha vissuto momenti importanti, qui con Pinuccio Tatarella
anticipammo Alleanza nazionale, e preconizzamo quella svolta che poi portò alla nascita del Popolo della libertà", ha ricordato Fini.
"Espulsione degna del peggior stalinismo" Poi il presidente della Camera è tornato all'attualità. "Questa è l’occasione per dare un contributo di chiarezza, su quel che è accaduto, ma soprattutto su quel che accadrà". "La mia espulsione del Pdl è stata un atto illiberale e autoritario" degno del "peggior stalinismo", ha attaccato il presidente della Camera. "Non c’e stata alcuna fuoriuscita, nessuna scissione, nessun atteggiamento volto a demolire al Pdl: c’è stata di fatto la mia estromissione dal partito che avevo contribuito a creare, un atto che forse è stato ispirato, da chi lo ha scritto, libro nero del comunismo. Solo nelle pagine del peggior stalinismo - ha ammonito Fini - si può essere messi alla porta senza nessun tipo di contraddittorio, con il tentativo di annullare ogni tipo di diversità".
"Non c'è lesa maestà perché non ci sono sudditi" A Silvio Berlusconi "siamo tutti grati per quel che ha fatto soprattutto quando, nel ’94, ha contrastato la gioiosa macchina da guerra; ma la gratitudine non può significare che ogni volta che si critica o si esprime opinioni diverse, ci si debba sentire accusati di lesa maestà. Non ci può essere diritto di lesa maestà perchè non c’è un popolo di sudditi", ha detto Fini alla platea di Mirabello.
"Il Pdl non c'è più" Fini ha decretato la morte del Pdl. "Il Popolo della libertà non c’è più", ha detto il presidente della Camera dalla festa di Mirabello. Dunque, "non potrà accadere che Futuro e libertà possa rientrare in ciò che non c’e più", ha sottolineato, "ora si va avanti". Attualmente, ha aggiunto, "c’è il partito del predellino, ma il Popolo della libertà non c’è più. È in qualche modo Forza italia che si è allargato".
"Rispetto delle istituzioni" "Chi ha incarichi istituzionali deve rispettare tutte le altre istituzioni. Quando il premier chiede giustamente di vedersi riconosciuta la funzione assegnatagli dagli elettori, deve esserci rispetto per tutte le altre istituzioni, a cominciare dal Capo dello Stato, punto di riferimento nel rispetto della Costituzione", ha dichiarato il leader di Fli.
"Contro la mia famiglia una lapidazione" "C'è stato un atteggiamento infame nei confronti della mia famiglia", ha detto Fini. La campagna estiva di alcuni giornali "è stata il tentativo di dar vita ad un’autentica lapidazione di tipo islamico contro la mia famiglia", ha proseguito. Sulla vicenda della casa di Montecarlo Fini ha detto: "attendiamo fiduciosi e sereni che siano i magistrati a chiarire quante calunnie e diffamazioni" vi siano state in questa vicenda. Infine Fini ha detto: "non ci lasceremo intimidire, perchè di intimidazioni ne abbiamo conosciute ben altre in altri anni della nostra storia politica".
"Federalismo non a scapito del Mezzogiorno" "Il federalismo è possibile solo se sarà fatto nell’interesse di tutta l’Italia, non soltanto nella parte più sviluppata del Paese. Bossi sa che è possibile realizzare il federalismo, ma solo se nell’interesse generale" e se non è "a scapito del Mezzogiorno", ha precisato il presidente della Camera.
"Un nuovo patto di legislatura" Un "nuovo patto di legislatura" può "garantire il proseguimento della legislatura" e può consentire al Governo Berlusconi di "arrivare al termine". Questo concetto, secondo il presidente della Camera Gianfranco Fini, "lo conosce anche Bossi". "È avventurismo politico quello di minacciare elezioni nella speranza di intimidirci - dice da Mirabello Fini -. Governare è anche fatica nel trovare compromessi. Confidiamo nella volontà e responsabilità di tutti. Il fallimento di questa legislatura, sarebbe un fallimento per tutti, per chi vi parla ma anche per Silvio Berlusconi" perché "quando ottieni un consenso così ampio il primo dovere non è quello di liquidare" le opinioni differenti "ma quello di governare".
"Nessun ribaltone" Futuro e libertà resterà a destra, Fini lo ha garantito. "Si va avanti senza ribaltoni o ribaltini, senza cambi di campo. E senza atteggiamenti che possano dare agli elettori la sensazione che abbiamo raccolto voti nel centrodestra per portarli da qualche altra parte".
Lodo Alfano "Berlusconi ha il diritto di governare e pensare a scorciatoie per via giudiziaria per toglierlo di mezzo rappresenterebbero davvero una lesione della sovranità", ha detto Fini. "Bisogna smettere di affidare al dottor Stranamore Ghedini di trovare una soluzione, non ci vogliono leggi ad personam, ma leggi che tutelano il capo del governo, non la cancellazione dei processi, ma la loro sospensione".
"La legge elettorale è vergognosa" Poi Fini è tornato sulla legge elettorale. "È una proposta che so essere provocatoria", ha detto il presidente della Camera, ma "la sovranità popolare significa che le elettrici e gli elettori devono avere il diritto di scegliere i loro parlamentari". Dunque, ha aggiunto, "è semplicemente vergognoso, e faccio mea culpa, che ci sia la lista prendere o lasciare".
"Rilanciare l'economia" Fini è tornato sulla necessità di ripensare alle esigenze delle imprese per far ripartire l’economia nazionale, come auspicato anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Per Fini occorre ascoltare il "monito del capo dello Stato, quello che dicono le imprese e i lavoratori. Nei cinque punti" del documento sul quale Pdl e Fli dovrebbero confrontarsi "non c’è ne è uno, come ha lamentato oggi anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, per le necessarie riforme per far ripartire l’economia". "Per far ripartire l’economia - continua il presidente della Camera - occorre il coraggio politico di dar vita a riforme già contenute nel programma originale del Pdl di cui non sento più parlare. A partire da riforma che prevede superamento tra concetto di lotta di classe e mercatismo assoluto. Riforme che portano ad un nuovo patto tra capitale e lavoro". Occorre, secondo Fini, una "grande assise nel mondo del lavoro che ha necessità di una politica che comprende esigenze reali piccoli imprenditori. Le imprese piccole hanno bisogno di una politica che non esiti" nel garantire "le risorse" ma visto che "la coperta è corta è necessario confrontare le opinioni" di tutti anche se sono differenti. "Passare quindi da fase in cui si scontentano tutti a una fase in cui un settore trainante non solo non si scontenta ma ci si investe. Il Governo - puntualizza Fini - deve prevedere politiche che attraggano i capitali e non si preoccupi solo della delocalizzazione delle grandi imprese".
"Gheddafi a Roma uno spettacolo poco decoroso" È stato uno "spettacolo poco decoroso quello con cui è stato accolto un personaggio che non può insegnare nulla nè nel rispetto della donne nè nella dignità della persona umana. Da ex ministro degli Esteri conosco le ragioni della real politik, ma non può portare a una sorta di genuflessione nei confronti di chi può ergersi a maestro o punto di riferimento". È un passaggio dell’intervento del presidente della Camera, Gianfranco Fini, dal palco di Mirabello, in cui si fa un implicito riferimento alla visita di Muammar Gheddafi a Roma.
Codice etico per chi fa politica È indispensabile discutere "non soltanto dentro la maggioranza ma anche in Parlamento" l’opportunità di "definire una sorta di codice etico per chi ha delle cariche politiche per dimostrare che c’è coscienza necessità di dare una svolta". "Basta con questo egoismo diffuso - ha proseguito Fini - con un’Italia che non si fa più carico della sofferenza del vicino. Da che mondo è mondo se in quella bilancia c’è scritto la legge è uguale per tutti è perché sono i più deboli che hanno bisogno di quella garanzia. Questo è il centrodestra, è una politica con la p maiuscola. Se crediamo in queste cose è un atto di gratitudine dire che essere servitori dello Stato deve tornare ad essere un motivo d’onore".
La conclusione "Va avanti l’impegno di Futuro e Libertà in nome dei valori propri del progetto di un grande centrodestra liberale, nazionale, riformatore, sociale ed europeo". Ha concluso Fini esortando i suoi a "gettare il cuore oltre l’ostacolo" e a rendere onore "ai sogni di quando avevamo 18-20 anni e non pensavamo di assumere cariche elettive. Di quando -ha concluso citando Ezra Pound- eravamo soliti dire che se un uomo non è pronto a battersi per le sue idee o non valgono nulla le sue idee oppure non vale nulla lui"
Affaticato dopo il lungo comizio Dopo il lungo intervento dal palco di Mirabello, Gianfranco Fini si è fatto subito portare un bicchiere d’acqua prima di lasciare il palco. Per alcuni istanti, subito dopo la fine dell’intervento, Fini era sembrato piuttosto affaticato per avere parlato a braccio per circa un’ora e mezza.
Ha lasciato quindi, insieme allo stato maggiore di Futuro e Libertà e con accanto la compagna Elisabetta Tulliani la zona del palco per raggiungere, acclamato dai militanti e simpatizzanti del movimento, il ristorante della festa. Lì si è seduto a tavola insieme alla compagna e ai parlamentari del movimento.
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