Fini rinnega ancora se stesso: le correnti? Erano "metastasi"

Il presidente della Camera fino a ieri si diceva contrario alle divisioni ma adesso guida la fronda degli ex An e reclama più potere personale

Gianfranco Fini rimane nel Pdl ma vuole che la componente ex An, con lui saldamente alla testa, conti di più. Per questo - di fatto -, da ieri, ha dato vita ad una corrente. Non lo seguirà tutta An, una parte di An, e minoritaria. Ci sono materie sulle quali vuol dire la sua e in modo non sporadico. Insomma, devono sapere, nel Pdl, che da ieri non si tratterà più di qualche esternazione fatta ogni tanto, ma di esternazioni accompagnate dai numeri: quelle dei deputati e dei senatori (nonché di tutti gli amministratori locali, consiglieri di amministrazione di entità varie) che faranno pesare e contare - appunto - la loro forza.

Secondo noi Gianfranco Fini fu un po’ avventato e troppo radicale quando si pronunciò fortemente contro le correnti. Lo ha fatto recentemente, nel libro di Bruno Vespa, Donne di cuori, dove al proposito sostenne «Se ragionassi con la logica dell’esistenza di una componente finiana nel Pdl, mi sarei tenuto stretta Alleanza nazionale. Le correnti avevano senso quando servivano a gestire fette di potere, o comunque in partiti di carattere ideologico. Come si fa oggi a portare una logica di corrente dentro un partito “liquido”?».
Evidentemente il partito, nel frattempo, si è solidificato e Fini ha deciso di solidificare il suo potere interno. All'assemblea nazionale di An, il 2 luglio del 2005, fu, se possibile, ancora più radicale e deciso: «Se avrò la fiducia di questa assemblea - disse - intendo governare il partito senza le correnti. Non faccio alcun appello al loro scioglimento. Ne nego l’esistenza poi loro potranno anche continuare ad esistere, ma An va liberata dalle correnti: sono una metastasi che rischia di distruggere il corpo del partito».

I gruppi organizzati all’interno dei partiti ci sono sempre stati e, lo dimostrano i fatti di ieri, ci saranno ancora. Nei partiti ci sono sempre state la destra e la sinistra. Ci sono state sempre sensibilità diverse. Quando poi un partito nasce dalla fusione di altri partiti questo è vero ancora di più. Le correnti sono un male in sé? No. O meglio, dipende.

Nelle ultime settimane si sono date tante letture della crisi dei rapporti tra Fini e Berlusconi. In molti hanno pensato, e qualcuno lo ha anche detto, che la chiave di lettura giusta era quella del lettino (psicoanalitico) e non quella politica. Altri hanno richiamato la lettura solo ed esclusivamente legata alle sedie e alle poltrone. Senza poltrone, d’altra parte, non si governa, si emettono solo dei labili e pii desideri. Tutto regolare, almeno dall’agorà greca in poi.
Ma Fini tutto questo lo sa meglio di Berlusconi e lo sapeva anche quando, un po’ avventatamente, fece quelle dichiarazioni che abbiamo riportato.

La storia va avanti per correnti, vale per il pensiero e vale per la prassi - politica compresa -. Senza correnti l’aria si fa malsana e le acque stagnano e marciscono. Nel pensiero vale la stessa legge: senza correnti di pensiero saremmo fermi a qualche secolo fa. Ma devono essere correnti forti, impetuose quando c’è bisogno. Non devono essere spifferi perché con quelli ci si ammala e non si va da nessuna parte.

Finora abbiamo l’impressione che non siamo arrivati neanche allo spiffero. Ci siamo fermati prima. Si è trattato di cosucce, robaccia. Che non serve. Ci fossero da ieri delle belle correnti d’aria fresca nel Pdl crediamo che gli elettori non sarebbero che contenti. Potrebbe essere un’occasione.

Come suggerì Fedele Confalonieri dopo la statuetta in faccia al Cavaliere, da un male se ne potrebbe ricavare un bene. Speriamo che sia così. Speriamo.

E poi un’ultima raccomandazione: almeno in questa fase, presidente Fini, faccia Lei, non mandi avanti i suoi, è meglio per tutti. Se ci permette, Lei compreso.

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