da Roma
Il capitolo della nuova leadership del centrodestra è ancora tutto da scrivere. Gianfranco Fini getta acqua sul fuoco e contribuisce in prima persona ad allontanare da sé lalloro del prescelto: «Chiedersi oggi chi dirigerà il centrodestra di domani è quanto di più stupido di possa fare. La patente di leader la danno gli elettori con il loro voto» dice durante il suo intervento al convegno di Liberal. «Oggi il problema è sostenere chi come Berlusconi ha realizzato il centrodestra - sottolinea - e certamente non si pone il problema di lasciarlo ma di evitare che esso si riduca a una parentesi legata a un personaggio irripetibile come lui. Se non vogliamo che sia archiviata questa fase della politica - conclude - allora dobbiamo puntare non ai nominalismi ma ai contenuti. Se lo faremo, la parentesi non sarà il governo del centrodestra ma il governo Prodi».
Fini ricorda quando Berlusconi sostenne la sua candidatura a sindaco di Roma contro Rutelli - «In quel momento ha cambiato la politica italiana» - e si sofferma sul legame ormai indissolubile creatosi tra le forze del centrodestra. Poi guarda avanti: «Sono gli elettori che danno patenti, legittimità su leadership presenti e future. Da unalleanza programmatica-politica a unalleanza di valori. È il momento di scegliere, gli elettori ci hanno fatto capire che il loro desiderio di unità non è solo contro la sinistra ma per i valori del centrodestra». Fini chiede così unaccelerazione, un «salto in avanti di qualità». Ma fa anche esercizio di realismo politico di fronte alla possibilità di creare in tempi brevi una casa comune del centrodestra: «La prospettiva del partito unitario va tenuta presente ma è molto lontana, non è a portata di mano. Questo non vuol dire che non bisogna lavorare su questo obiettivo, ma è una prospettiva che va posta alla nostra attenzione in una strategia di medio-lungo periodo. Ovviamente tra il partito unitario e il mantenimento dellattuale situazione ci sono delle tappe intermedie. Costruiamo innanzitutto la Federazione, che parte dal presupposto che i partiti non si sciolgono e individua delle quote di sovranità sul modello dellUnione europea. Questo credo sia quello che ci chiedono i nostri elettori».
Pier Ferdinando Casini ribadisce il suo disinteresse per il percorso unitario. «La leadership del partito unico - spiega - è un problema di chi lo fa, e io non voglio farlo. Io posso parlare della leadership del partito dei moderati, dellUdc, posso parlare della leadership del congresso, posso appoggiare Cesa, ma discutere del partito unico sarebbe come parlare della leadership del Partito democratico». «So - spiega lex presidente della Camera - che collaborerò col partito unico di centrodestra, come facciamo giornalmente in Parlamento. Ma la leadership non è una cosa che mi riguarda, sarebbe uningerenza indebita».
Casini, però, una critica indiretta ai suoi (ex) alleati se la concede. «Se chi perde le elezioni torna agli schemi di 15 anni fa è legittimato a farlo, ma vuol dire che ha idee diverse dalle mie. Chi perde ha il dovere di cambiare. Contenti loro, contenti tutti - ironizza Casini - io non la penso così. Poi lo schema di 15 anni fa ha tante variazioni folcloristiche, tipo la Federazione o il partito unico, ma in sostanza è quello di 15 anni fa».
In serata interviene anche Umberto Bossi: conferma la leadership di Berlusconi, perché «la Cdl lha fatta lui, il capo è lui». «Fini futuro leader? Questa è una cosa che non si può fare». Poi spiega che «oggi il problema non è il capo. La Federazione è una tonnara: chi entra non esce più, ha lobbligo di fare il partito unico. La Lega può entrare? Penso di no». Quanto al partito unico, per Bossi è figlio «di una visione centralista. Oggi dobbiamo parlare di riforme, non di partiti unici.
Bossi vedrà il Cavaliere nei prossimi giorni. E alle prossime amministrative, «può darsi che la Lega vada da sola».
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