Luca Rocca
Da «grande accusatore» a bancarottiere. Vincenzo Angelini, il «re delle cliniche» private che con le sue dichiarazioni, mai provate, decapitò la giunta della Regione Abruzzo mandando in galera il suo governatore, Ottaviano Del Turco, accusato di prendere tangenti senza che mai un soldo sia stato trovato per dimostrarlo, è nei guai. La procura di Chieti, che lo aveva arrestato per bancarotta fraudolenta, per poi allargare gli accertamenti anche alla moglie, Anna Maria Sollecito, e alla figlia Chiara, ha infatti chiuso lindagine svelando un crac di circa 200 milioni con un monte debiti (massa passiva) di 400 milioni di euro «a carico» di 12 società, sei delle quali fanno riferimento alle aziende sanitarie private di Angelini (casa di cura Villa Pini, Maristella, SanStefar, Sanatrix, Santamaria e Piccolo rifugio La Cicala) e le restanti alle società di servizi a supporto delle prime.
Cifre da capogiro che non potevano sfuggire al pool di magistrati teatini che avevano sopperito all«inerzia» della procura di Pescara, guidata da Nicola Trifuoggi, che indagò Angelini per bancarotta solo dopo che lo stesso fu iscritto nel registro degli indagati, per lo stesso reato, dalla procura di Chieti, mossasi sulla base delle stesse risultanze contabili riscontrate dalle forze dellordine che indagavano sulla sanità abruzzese. Il consulente della procura di Chieti ha ricostruito i presunti illeciti che hanno portato gli Angelini sotto processo sulla base degli enormi debiti verso banche, fornitori e dipendenti.
Così i pm chietini hanno svelato ciò che era sfuggito ai pm capitanati da quel Trifuoggi protagonista, con Gianfranco Fini, del fuorionda in cui il presidente della Camera annunciava imminenti sfraceli giudiziari per Silvio Berlusconi; lo stesso capo procuratore che al momento dellarresto dellallora governatore Del Turco, parlò di prove schiaccianti, in realtà mai trovate. A quanto pare, invece, questa è una storia ancora tutta da scrivere. Perché nonostante il rinvio a giudizio dellex presidente della Regione Abruzzo, ottenuto dai pm pescaresi nel novembre scorso, la pentola scoperchiata dalla procura di Chieti autorizza a sospettare che le tangenti ai politici abruzzesi di cui ha parlato Angelini potrebbero non essere mai esistite (anche perché mai trovate). E quindi i soldi ai politici di cui parla limprenditore potrebbero in realtà far parte dellenorme buco prodotto dallo stesso Angelini. Di certo cè che dopo il mancato pagamento di dieci mesi di stipendio ai dipendenti e le contestazioni contabili della guardia di finanza e della Banca dItalia, ora il «re delle cliniche» rischia grosso. Un anno fa i pm teatini riuscirono anche a mettere le mani sul «tesoro» di Angelini, fatto di tappeti preziosi, quadri antichi e gioielli, custoditi in una rimessa dove gli uomini del procuratore Trifuoggi non aveva mai buttato locchio. Ma più le ombre si addensavano sul testimone-chiave, più il procuratore capo premeva sullacceleratore della sua inchiesta contro Del Turco. Eppure i dubbi sulle contraddittorie dichiarazioni di Angelini contro lex governatore e la sua giunta sarebbero venuti a chiunque leggendo le cosiddette «confessioni» della «gola profonda» ora sotto accusa. Ci sarà un motivo, infatti, se dalle oltre cento rogatorie disposte in giro per il mondo dalla procura di Pescara non è venuto fuori nessun riscontro sulle presunte mazzette che Del Turco e gli altri indagati avrebbero nascosto allestero.
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