Enrico Lagattolla
Firme false, prese dagli albi professionali di avvocati, giornalisti, medici, che sarebbero state raccolte per ammettere alle elezioni regionali dello scorso anno la lista di Alternativa sociale. Firme poi autenticate, così da trarre in inganno la commissione elettorale. Giuliana Carlino, allora capolista di Italia dei valori a Palazzo Marino e neoassessore provinciale al Sistema informativo, e Duilio Canu, esponente di Alternativa sociale, sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le udienze preliminari Vincenzo Tutinelli con laccusa di di induzione al falso in atto pubblico. Per il reato di violazione della legge elettorale, invece, i due imputati hanno pagato unoblazione.
Secondo il pubblico ministero Francesco Prete, titolare dellinchiesta, Carlino (allepoca consigliere comunale) e Canu, avrebbero indotto in errore lufficio elettorale, che aveva ammesso alle votazioni dellaprile del 2005 la lista di Alternativa sociale sulla base di circa 2.800 firme autenticate, ma poi rivelatesi false. Carlino è imputata perché responsabile dellautenticazione di quelle firme. Canu, invece, in qualità di presentatore della lista. I due imputati, ora, rischiano una condanna da uno a sei anni.
Una prospettiva alla quale Giovanna Carlino non si rassegna. «Quello che è successo ha dellincredibile. È una cosa che mi fa stare male, perché io sono innocente». Anzi, «sono una vittima». «Per il reato di violazione della legge elettorale - prosegue il neoassessore provinciale - ho già pagato unoblazione. E di certo non ho tratto in inganno la commissione elettorale. È unaccusa che non sta né in cielo né in terra».
E unidea su chi abbia la responsabilità di quanto successo, la Carlino se lè fatta. «Ribadisco la mia innocenza. È Duilio Canu che mi ha tratto in inganno. È lui che mi ha presentato quelle firme, e io le ho prese per buone. Il mio unico errore è stato quello di dargli fiducia, pensando che avesse raccolto le firme sul serio come ho sempre fatto io, e di averle autenticate non in presenza dei firmatari.
«Sono amareggiata». Comunque, «sono fiduciosa nella magistratura e sicuramente a processo potrò dimostrare che la mia buona fede è stata carpita».
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