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Il folk sfida l’eleganza e stravince Valentino

«Il folk ci sembrava una bella sfida da affrontare in un mondo connesso dal web» dicono Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli poco prima di far sfilare la collezione Valentino del prossimo inverno in una Parigi uggiosa e malmostosa come non mai. Ci viene un colpo perché a questi due bravissimi professionisti siamo legati da un profondo affetto e nel mondo della moda maneggiare il folklore è la cosa più difficile che si possa fare: c'è sempre il rischio di travestire un'elegante signora come una contadina uzbeka. Invece questa straordinaria sfilata dimostra che aveva ragione quel divino pettegolo di Proust quando diceva: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere occhi nuovi». Pierpaolo e Maria Grazia hanno infatti usato un vero e proprio patchwork di idee e cose lontane per creare un nuovo in cui predominano memoria e suggestione, non certo la didascalica rilettura dell'abito folkloristico. Per cui nell'indimenticabile abito da sera interamente ricamato di luccicanti paillette ci sono gl’inconfondibili disegni dei tappeti balcanici, ma soprattutto il ricordo della ieratica bellezza di Maria Callas nei sublimi costumi creati da Piero Tosi per la Medea di Pasolini. Nel profondo nero dei tailleur in pelle con la gonna pantaloni e le cuciture nascoste dal macramè c'è la drammatica intensità di Silvana Mangano nel film Jovanka e le altre di Martin Ritt, ma anche qualcosa del fascino androgino di Patti Smith ai tempi della sua convivenza con il fotografo Robert Mapplethorpe. La grande poetessa del rock si ritrova pure nelle sublimi camicie bianche fatte con un insolito assemblaggio di velo, cotone e piquet. Niente di etnico, quindi, anche se le forme di vestiti e cappotti viene senza dubbio dal tipico abito da «babushka» lungo fino alla caviglia, tagliato in vita e leggermente arricciato proprio lì in un sapiente gioco tra il rigore e l'abbondanza. Ci sono gli alamari caucasici sul paltò in pelle nera come sulle giacche di morbido cashmere, i grossi pullover norvegesi decorati da cristalli neri, le scarpe da tanghera argentina trattenute alla caviglia da un erotico cinturino, i ricami marocchini neri sulla giacca imbottita blu. Quando in passerella compare un abito da sera in velo ecrù con inserti di pizzo, canottiglie e un romantico plastron a piccolo punto, capisci che c'è soprattutto l'estetica di Valentino che ha sempre lavorato per far belle le donne coniugata con la forza dirompente della modernità di Piccioli e Chiuri. Con la collezione i due hanno anche presentato il progetto So noir, una capsule di accessori che sarà in vendita dal prossimo giugno, tutti neri («Facciamo parte della generazione in nero» dicono infatti i due) ma con un patchwork di materiali diversi che vanno dal pitone alla nappa, dal cavallino alle borchie in rutenio. Inutile dire che in questo nero ci sono tutti i colori del mondo come del resto nelle prime uscite «all black» della strepitosa sfilata di Moncler Gamme Rouge, linea superlussuosa del marchio del galletto disegnata dal sempre più bravo Giambattista Valli. Per l'occasione è stata ricostruita una vera e propria stazione sciistica con tanto di seggiovia funzionante e nevicata finale dentro il Couvent des Cordelieres di Parigi. Le modelle marciavano spedite sulla finta neve con bellissimi stivali cuissard in Mongolia. Questo esercito di bellezze che probabilmente non sciano per paura di rovinarsi il trucco o l'impeccabile cotonatura dei capelli, era seguito dal classico codazzo di uomini al loro servizio.

Davvero bella la sfilata Chanel ispirata dal mondo dei cristalli. La spettacolare scenografia non distraeva dall'impeccabile eleganza dei classici tailleur decorati da meravigliosi bijoux luccicanti che si ritrovavano perfino sui tacchi delle scarpe.

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