La «follia» di Cassano? Non facciamo i moralisti

Caro Granzotto, il calciatore Cassano ne ha fatta un’altra delle sue, meritandosi la massima punizione e probabilmente la fine della sua carriera internazionale. Io proporrei che venisse radiato ovvero che non possa più mettere piede in campo. E questo perché è ora di finirla con le scorrettezze e le sceneggiate che degradano un nobile sport a rissa di osteria. Noi vogliamo un calcio pulito, leale, cavalleresco e chi non ci sta vada pure a fare un altro lavoro.


Caspita, caro Contu. Un calcio pulito, leale ed anche cavalleresco. Giusto. Però c’è il fatto che di per sé il calcio è una sfida feroce, è l'allegoria della guerra (e ciò non deve farla sussultare: anche l’innocuo, mite gioco degli scacchi lo è) dove si vince per forza e per astuzia. Dove fa aggio l’ardimento, la spavalderia, l’audacia. Perciò mi sembra un poco azzardato pretendere che lo si giochi attenendosi all’etica cavalleresca, ai valori decubertiani e cioè chi se ne importa di vincere, di fare gol: il bello è il partecipare e magari prendere il palo. Parlo naturalmente di ciò che accade sul così detto «manto erboso», parlo del comportamento extra atletico (essendo quello atletico già disciplinato da regole ferree), umano, dei giocatori. I quali, in un catino dove come niente saltano stinchi e tibie, rotule, metatarsi e legamenti (per non dire di quel gesto atletico chiamato tackle che se effettuato in scivolata evoca più la mazza ferrata dei lanzichenecchi che non la carezza della mamma), circondati da migliaia di tifosi che non le mandano certo a dire, lì, in quella metaforica plaza de toros, ventidue atleti dovrebbero fare i cicisbei, scambiarsi cortesie e usare un linguaggio ammodo, signorile e rispettoso. E se a qualcuno di loro scappa una mezza insolenza o un gesto contrario al bon ton, tutti a gridare allo scandalo. Non dico che debba essere loro consentito di comportarsi in maniera inurbana e che dopo uno, due, tre richiami verbali l’impudente non se lo meriti, il cartellino. Ma togliamoci dalla testa che il calcio diventi pulito, leale e cavalleresco solo imponendo a chi lo gioca il rispetto delle norme del galateo.
Cassano. E cosa avrà mai fatto! Bisogna essere proprio dei tartufi per attribuire al suo gesto propositi aggressivi (e poi lo voglio vedere uno steso a colpi di canottiera): il lancio della maglietta è e resta un moto di stizza, di ira improvvisa e passeggera. E che, vogliamo precludere a quei marcantoni anche la stizza? Gli chiediamo di battersi come leoni e poi li pretendiamo pecore? Che strano modo di essere moralisti: si lascia che dagli spalti arbitro e giocatori siano bersaglio degli insulti più sanguinosi quando va bene, di oggetti più o meno contundenti quando va male, e ci si inalbera come vecchie zitelle inglesi se mai un Nedved tira i capelli ad un Comotto. Arrivo a dire (sperando di non essere messo al muro per vilipendo della Patria), sdegnandosi per uno Zidane che dà una capocciata a un Materazzi, reagendo - stizzito - a certi giudizi poco lusinghieri su sua, sua di Zouzou, sorella.

Non certo una reazione signorile, ma non scordiamoci che un tempo quelle faccende le si sistemava all’alba, dietro il convento delle Carmelitane, a suon di pistolettate o sciabolate. E quella volta Zidane non fece a Materazzi nemmeno la bua.

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