La follia di processare chi non riesce a prevedere i terremoti

Caro Granzotto, quando i sinistri vogliono tagliare la testa al toro su un qualsiasi argomento riguardante Berlusconi, governo e/o maggioranza, tirano fuori il fatidico: «Non esiste in nessun paese (civile, si capisce) del mondo che...». Oggi che un paio di... - stava per scapparmi una parolina incivile... Vogliamo chiamarli «sognatori»? - unici in tutti i paesi (civili e non) del mondo hanno mandato sotto processo sette scienziati con l’accusa di omicidio colposo plurimo per non aver adeguatamente previsto il momento esatto del terremoto dell’Aquila, gradirei avere un suo parere. Civile, si capisce. Possibilmente. Lo so che sarà dura, ma tant’è.
Cadoneghe - Padova

Altro che Berlusconi che al G8 denuncia la dittatura delle Procure, caro Valenti. E che facendolo avrebbe «danneggiato le istituzioni all’estero», come ha voluto commentare Luca Palamara, presidente del sindacato dei magistrati. Con quella incriminazione le «istituzioni», che poi sarebbe sempre lei, la Magistratura, non s’è solo massacrata, con le proprie mani, i metaforici zebedei, ma quel che è peggio è diventata una planetaria barzelletta. L’universale metafora della giustizia modello Jonesco praticata in quella che si vanta d’essere la culla del diritto. Una gag così, ammettiamolo, non sarebbe venuta in mente nemmeno al più scatenato Dario Fo o, per salire di qualità, al più ispirato Achille Campanile. Apprendendo dell’iniziativa della Procura dell’Aquila Barack Obama deve essersi detto: oh, my God, ma allora c’è molto di vero quel che mi ha raccontato Silvio! E dall’Aldilà - probabilmente dal fondo dell’inferno - Andrey Vyshinsky avrà esclamato: vot eto da! (che in russo significa «Caspita!», perdoni lo sfoggio di erudizione, caro Valenti), con le mie imputazioni paradossali e assurde ho fatto scuola! Non bisogna aver speso una vita sui testi di geologia, vulcanologia e sismologia - cosa che sicuramente anche il Gup dell’Aquila non ha fatto, e vorrei vedere - per sapere che i terremoti non mandano avvisi con ricevuta di ritorno. E che tremori e sciami sismici possono voler dire tutto e niente. Né bisogna avere la memoria lunga per ricordarsi che per aver lanciato l’allerta terremoto in quel della Garfagnana (ordinando lo sgombro di una quarantina di famiglie), una trentina d’anni or sono l’allora ministro della Protezione civile, l'ottimo Giuseppe Zamberletti, s’ebbe una incriminazione per procurato allarme. Perché le scosse ci furono, ma non così forti da giustificare l’evacuazione. Insomma, se sei un ministro o un dirigente della Commissione Grandi rischi, per andarti bene devi sperare che vada male, che cioè venga giù un’intera città, che il terremoto provochi cumuli di morti (oggi chiamati, chissà a quale titolo, «eroi»). Sperare, dicevo, perché di fronte ai fenomeni sismici siamo disarmati: a tutt’oggi non c’è strumento, non c’è proiezione matematica, non c’è naso umano o di cane o di maiale, come invece vorrebbe una leggenda metropolitana, che possa anticiparne, anche di un sol giorno, gli esiti disastrosi.
Tutte cose, inutile ripeterlo, che sa anche un bambino.

Cosa ha dunque motivato la magistratura a entrare nel Guinness dei primati rinviando a giudizio il vertice della Commissione Grandi rischi con l’accusa di non saper leggere nella sfera di cristallo? C’entra il fatto che il terremoto dell’Aquila s’è verificato mentre a Palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi? O forse fa capolino la sindrome del complotto (si è voluto il peggio per consentire al Cavaliere di mostrare quant’è bravo ad affrontare le emergenze)? Chissà, caro Valenti: però di solide ragioni ce ne devono essere per giustificare un’iniziativa che per la sua bislaccaggine ha subito fatto il giro del mondo. Lasciando dietro sé l’eco sonoro degli sghignazzi.
Paolo Granzotto

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