Fondo Tettamanzi, trenta collette fra gli immigrati

C’è chi è scappato dalla povertà di un Paese senza speranze ed è arrivato qui con le tasche vuote. Chi ha abbandonato moglie e figli per una vita zingara, sempre inseguendo il lavoro migliore, quello che permette di mandare più denaro possibile alla casa lontana. C’è chi non ha mai avuto niente e a Milano ha trovato molto: l’occupazione da portinaio, il posto all’asilo o la scuola per i figli. Un passato così non si dimentica facilmente. E la riconoscenza diventa un sentimento che muove i pensieri. Così quando don Giancarlo Quadri, responsabile della pastorale dei migranti, ha appeso in chiesa (la parrocchia di Santo Stefano, punto di riferimento delle comunità straniere) il tabellone con le iniziative della Quaresima, spiegando cos’è il Fondo-famiglia lavoro, si è scatenato il tam tam. Una colletta fra gli immigrati di 30 comunità cattoliche. Migliaia fra sudamericani, ucraini, filippini, africani, gente che sa bene cosa voglia dire trovarsi senza soldi da un momento all’altro. «Hanno organizzato mercatini, bingo e pranzi benefici - racconta don Quadri - in una giornata sola la comunità sudamericana ha raccolto 5mila euro. Da non crederci. La prima cosa è stata il pranzo, ci siamo sistemati nel salone della Caritas, le signore hanno preparato pietanze etniche e chi si sedeva a tavola dava un’offerta. Poi è stato il momento del bingo e chi ha vinto ha versato tutta la somma». Se i sudamericani sono i più numerosi, i gesti generosi appartengono un po’ a tutti, «dagli ucraini dovrebbero arrivare altri 5.600 euro, anche i filippini si stanno dando da fare, dopo Pasqua dovremmo superare i 10mila euro» stima don Quadri. Che aggiunge: «In questi giorni poi si è aggiunta la risonanza del terremoto, molti di loro lo hanno vissuto, in centro America ad esempio. L’altro giorno si è presentato un bambino di 9 anni con genitori peruviani, aveva una busta con dentro il denaro, era rimasto colpito dalle immagini che aveva visto in tv e quando è arrivato qui mi ha detto «sono per chi ha perso il lavoro e per chi piange per il terremoto».
Com’è partita la colletta? «Non da zero, sono 13 anni che lavoro per aiutare gli stranieri a inserirsi nella nostra società e nella chiesa - racconta don Giancarlo -, la pastorale dei migranti è stata creata dal cardinal Martini ed è sostenuta ora da Tettamanzi. Migrante è chi cammina cercando altro, tutti gli uomini sono in questa condizione, il termine comprende immigrati, emigrati, tutti noi, insomma. Delle 30 comunità cattoliche straniere, una ventina sono inserite nelle parrocchie, le altre nei conventi. Dei cappellani responsabili soltanto tre o quattro sono italiani. Sono gruppi di fedeli che camminano da soli, ma la solidarietà è un valore comune. Per questo quando ho parlato del Fondo famiglia lavoro sono stato capito al volo».

E questo nonostante molti dei nostri immigrati abbiano sperimentato sulla propria pelle «l’indifferenza, il pregiudizio, l’ostilità, il rifiuto, la discriminazione, anche da parte degli stessi cristiani» come ha ricordato il cardinale Dionigi Tettamanzi durante la messa del Venerdì Santo.

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