Cronache

Fossati e quel Genoa anni ’70

Che derby erano quelli degli anni Settanta? Eguali? Diversi rispetto alle stracittadine di oggi? Uno dei «vecchi» (si fa per dire) presidente del Genoa si chiama Renzo Fossati. Oggi vive soprattutto di ciclismo, ma il calcio lo ha ancora dentro. E domenica sera sarà a Marassi a fare il tifo. Per chi? Ovviamente sempre per il suo vecchio e amato Grifone.
Presidente lei ha guidato il Genoa dal 1970 fino al 1986. Tanti anni, tanti derby. Come li ricorda?
«Sono sempre state partite straordinarie. Ricordo solo una cifra: in una partita del ’74 c’erano 58.000 presenti. Ho dovuto pagare anche una multa perché potevano starcene solo 56.500. Che ricordi!».
E il tifo? Che tifosi erano?
«Intanto eravamo tantissimi genovesi, oggi molti sono scappati dalla città. E poi 58.000 persone tifavano, ma si divertivano. Non c’erano tutti i divieti di oggi, colonnine, ringhiere, tornelli. Poteva certo succedere che scattasse qualche baruffa, ma la grande violenza di oggi non esisteva».
Chi ricorda dei protagonisti di allora?
«Non posso dimenticare gli anni di Pruzzo, Damiani, Conti. Ricordo un gol di Damiani dopo aver scartato tre avversari. Indimenticabile».
E fra gli allenatori? Lei ne ha avuti parecchi.
«Sandokan Silvestri. E poi Simoni e come dimenticare Beniamino Santos. Tutte persone straordinarie».
Lei dava dei «premi-partita» ai giocatori in caso di vittoria?
«Eccome. Anche perché dall’altra parte c’era dopo un po’ di anni miei, Mantovani che rovinava tutto. I giocatori miei parlavano con i loro amici della Samp che ricevevano loro sì ottimi premi. E li volevano anche i miei. Si figuri che battaglia».
Come finirà il derby di oggi?
«Sono due squadre che giocano a calcio. Cassano e Milito fanno la differenza. Io vorrei, ovviamente, vincesse il Genoa».
Anche lo stadio era diverso, più capiente...
«Aveva l’erba migliore d’Italia. Teneva 55.000 spettatori. Una meraviglia. Oggi è rovinato».
Oggi è più difficile di allora fare il presidente di una società di calcio?
«Direi proprio di sì. Allora il calcio aveva meno soldi, si viveva in modo più pulito. Oggi siamo al business, ad un calcio meno romantico, più interessato.

Non so davvero come uno possa fare il presidente, se non ancora per un grande amore».

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