«La vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros ci riporta a quelle di Coppi, Bartali e dellItalia di Pozzo in terra di Francia». Con queste parole il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha celebrato limpresa della tennista milanese, la prima di unitaliana in uno slam. Mai come questa volta lepica non è fuori luogo perché serve a sublimare un successo tanto legittimo quanto inatteso che entra di diritto nella storia del nostro sport. Lo ricorderemo per sempre. Al momento della premiazione non sè limitata a baciare la coppa intitolata a Suzanne Lenglen, la più popolare giocatrice francese, ma lha coccolata e cullata, quasi avesse fra le braccia una creatura appena nata. Lha fatto con tanta dolcezza e tenerezza da commuovere il pubblico, in grandissima parte a suo favore, e far piangere Mary Pierce, la tennista di casa, già vincitrice del Roland Garros, che ha avuto lonore di consegnarle il trofeo.
Nel suo intervento ufficiale in inglese ha confessato di vivere un sogno, il sogno di una vita: «Ho visto tutte le finali di questo torneo, so cosa significhi vincerlo, ci ho pensato tante volte e tante volte mi sono chiesta se sarei mai riuscita un giorno a farcela. Mi scuso se non ho preparato un discorso, ma per scaramanzia non mi sentivo di forzare il destino». Poi in italiano ha mandato un bacio ai genitori che lhanno seguita dallappartamento di via Cilea a Milano e sè rivolta così ai suoi fan: «Ma che faccia avete? Siete nel mio cuore, senza il vostro apporto non sarei qui». Quei fan che sugli spalti hanno indossato una maglietta nera con un messaggio profetico: «Schiavo. Nothing is impossibile». È stato così. «Sono andata oltre i limiti. Io sono una macchina da sogni, sogno sempre e credo in me stessa. Questa è la chiave di tutto. Ho sempre sognato di vincere questo torneo, mio padre me lo ha sempre ricordato. Ogni mattina, quando suona la sveglia, si lavora per vivere una giornata come questa», dice la «leonessa» a conclusione della strepitosa avventura. «Questo significa che chiunque può diventare ciò che vuole. Si può fare qualsiasi cosa nella vita, a me è capitato questo. Per unora, per due ore, si può essere qualsiasi cosa. La combattività è una delle mie qualità principali. Io lotto in ogni cosa che faccio». A premiazione avvenuta ha ricevuto anche le congratulazioni del presidente della Repubblica, Napolitano, al quale ha detto: «Non mi rendo conto di essere entrata nella storia del tennis».
Sul campo la tensione ha impedito a Francesca Schiavone e alla sua avversaria, Samantha Stosur, di quattro anni più giovane, di giocare al meglio. La nostra tennista ha comunque interpretato alla perfezione il suo piano tattico che lha portata a essere più brava dellaustraliana nel servizio in kick con palla a uscire alta e velenosa, nella risposta di rovescio, soprattutto da sinistra, e nella varietà dei colpi. Clamorosa lincidenza del gioco a rete con 10 discese vincenti su 11. Ma quel che ha fatto la differenza, come era già successo nei turni precedenti, è stata la testa. Un robot in carne e ossa, sempre presente a se stessa. In 1h e 38 ha battuto la Stosur (6-4, 7-6) che pure era considerata favorita dagli addetti ai lavori e dai bookmaker.
Nel primo set le due ragazze hanno tenuto il servizio fino al 4-4. Poi il servizio ha cominciato a creare dei problemi alla Stosur. E Francesca, dopo aver mancato una ghiotta occasione nel quinto game in vantaggio per 30-0, non ha fallito lopportunità nel nono e sè portata avanti per 5-4. Poi ha chiuso il set in 40 nonostante un nastro e una riga a suo sfavore. In quello successivo la Schiavone ha accusato un pericoloso passaggio a vuoto e in pochi minuti sè trovata sotto per 4-1 con un parziale a sfavore di 14 punti a 4. Ma Francesca che a quasi 30 anni ha raggiunto una straordinaria maturità interiore. Eccola allora aggrapparsi al match, assicurarsi i suoi turni di battuta con un numero abnorme di ace (6 in totale contro i 9 dei precedenti sei turni) e togliere il servizio a Samantha nel settimo game. Quanto serviva per arrivare al tie-break, dominato a piacimento, impreziosito da un lungolinea di dritto e da una volée bestiale di rovescio, vinto al primo set-ball: 7-2 il verdetto. Con il rovescio mancato dalla Stosur sono calati i titoli di coda sulla finale che ha premiato il tennis anomalo della nostra azzurra. Si può vincere uno slam anche se non si è alti 180 cm e non si gioca di sola potenza. Lintelligenza non è un optional. E questo tennis piace alla gente.
Dalla sua parte sono tutti i numeri. Mai una tennista aveva vinto il Ronald Garros senza figurare fra le prime dieci teste di serie. Era diciassettesima, come nel ranking.
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