Alberto Pasolini Zanelli
da Parigi
Ma i francesi votano veramente per tutti noi? Lipotesi è accreditata ma non allegrante, almeno a giudicare dalle ultime battute della campagna referendaria sulla Costituzione europea, dalle previsioni in extremis e dalla confermata eterogeneità degli schieramenti. Nelle ultime ore il «sì» sembra avere recuperato ancora qualcosa: piccole cifre che dimostrano la fatica della sua rimonta. La Sofres parlava, mentre le operazioni di voto cominciavano nei più eccentrici Dipartimenti dOltremare, di un 51 per cento di «no» contro un 49 per cento di «sì», mentre la Ifop (quasi altrettanto accreditata ma su rilevamenti un po meno freschi) prefigura un 56 per cento di voto «antieuropeo». Non è dunque certo che sia bastato a capovolgere la tendenza lappello di Jacques Chirac, pur ben mirato sui sentimenti e interessi del francese medio; e non pare che sia risultato controproducente come alcuni temevano lintervento in extremis del «padre» della Costituzione Europea bis, Valery Giscard dEstaing con la sua predizione che se vince il «no» si dovrà tornare a votare. O quello di Jack Lang, lex ministro socialista secondo il quale un successo del «no» porterebbe la Francia dritta filata nel baratro della recessione economica.
Può essere confortante che si trovino comunque allineati i tre «tempi» del Potere gollista: il passato, cioè Giscard; il presente, cioè Chirac e il probabile futuro immediato, Dominique de Villepin, in consonanza con la maggior parte dei governi europei. Il cancelliere Schröder a Tolosa ha chiesto «al popolo francese di votare sì con tutto il suo cuore». Eguale auspicio è venuto dal suo ultimo avversario per la cancelleria, il cristiano sociale Stoiber e, da sinistra, il primo ministro spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero ha chiesto agli elettori da questa parte dei Pirenei di non sfogare il proprio malumore verso il «governo conservatore di Parigi» ma di ricordarsi invece che «una elezione ha conseguenze per quattro o cinque anni, ma una Costituzione vale per unintera generazione. È il progetto di vita per milioni e milioni di europei».
Non è detto che sia bastato. Mentre inauguravano la giornata elettorale, a causa del gioco dei fusi orari, i pescatori di Saint-Pierre-et-Miquelon, appena fuori della costa atlantica del Canada, usciva dal suo riserbo il vero rivale di Chirac, Nicholas Sarkozy, ma solo per scivolare nellambiguità: facendo cioè sapere da un fidato portavoce che per lui la barra sta al 55 per cento. Se i «no» la supereranno, alluomo dellEliseo «non rimarrà che nominare primo ministro luomo più popolare a destra», che è appunto Sarkozy. Poco più tardi, mentre si aprivano le urne in Guyana, in Martinica, in Guadalupa, partiva la risposta dellEliseo, tramite molte parole private e il silenzio pubblico: un incontro di oltre unora e mezza fra Chirac e de Villepin, considerato il più vicino al presidente fra gli esponenti gollisti e, anche per questo, lavversario acerrimo di Sarkozy; insomma lo sfidante dello sfidante. Non si sa che cosa si siano detti. I frutti si vedranno a partire dalle 20 di stasera (solo a Parigi e a Lione gli scrutini cominceranno alle 22). Una cosa si intuisce: che il regno dellattuale primo ministro Jean-Pierre Raffarin è comunque avviato alla fine.
Queste le manovre del potere. I partigiani del «no» si esprimono in altro modo, divisi come sono in tante «famiglie» mutualmente incompatibili.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.