La Franzoni: contro di me nessuna prova

La Franzoni: contro di me nessuna prova

Gian Marco Chiocci

da Roma

Signora Anna Maria Franzoni, avrà letto le anticipazioni del Messaggero sulla perizia disposta dal Gip che «smentisce la ricostruzione della difesa». Le macchie in garage non sarebbero del sangue di Samuele, non sarebbe dunque quella la presunta via di fuga dell’assassino. Che ne pensa?
«Constato, ancora una volta, che i processi si fanno sui giornali, che puntualmente viene violato a mio danno il segreto istruttorio, che si tirano conclusioni affrettate solo su una minima parte di esami scientifici. Una vergogna».
Va bene, ma le indicazioni dei periti, se confermate, andrebbero contro le vostre ricostruzioni.
«È vero l’esatto contrario, e vi spiegò perché. Noi, l’avvocato Taormina, i nostri consulenti, abbiamo semplicemente posto dei quesiti al magistrato sulla base di dati oggettivi riscontrati. Uno di questi era che quelle macchie in garage hanno reagito al Luminol, si sono “accese”, e proprio per non avere dubbi i nostri consulenti hanno chiesto l’esame del Dna dicendo che avrebbe potuto essere sangue come non esserlo. Una richiesta legittima. Piuttosto...».
Cosa?
«Prendo atto dell’esito di questo test ma non leggo niente su tutto il resto degli accertamenti richiesti. A cominciare dalle tracce di sangue scoperte esternamente e internamente alla porta di casa, o sul viottolo esterno. Perché chi ha ucciso mio figlio oltre che dal garage potrebbe esser uscito da lì. A dirla tutta, la porta, per come è posizionata, è la via di fuga più ragionevole. Prima ancora di parlare di “ricostruzione della difesa smentita” occorre vedere tutto, non una parte del tutto».
Il 16 novembre inizierà il processo d’Appello. Come crede che andrà a finire? Fiducia nella magistratura?
«Aspetto serenamente quella data perché ho fiducia... nella giustizia. E in quei giorni sarò in aula, meglio così. Se c’è la volontà di andare a fondo nelle cose, se si leggono attentamente tutte le carte, le cose non possono non andare nella direzione naturale che è quella di una mia assoluta innocenza. Le risposte alla morte di mio figlio Samuele sono semplici da trovare, bisogna solo volerle vedere, prenderne atto e tirare le conseguenze. Fino ad oggi non è stato così. È tutto chiaro, limpido, ma si vuole renderlo scuro per forza».
Che vuole dire? Dove vuole arrivare?
«Voglio dire che i motivi per i quali sono stata arrestata, con la forza del tempo, sono crollati uno dopo l’altro. Ricordate gli zoccoli? Era la prova del nove, poi le perizie hanno confermato che non c’era sangue. Ricordate la casacca del pigiama? Prima era certamente indossata, poi indossata in un modo, poi nell’altro, fino a sostenere l’impossibilità di esprimere una certezza. E i pantaloni? Li avrei indossati per forza perché, sostiene il perito del Gup, erano sporchi di sangue e non potevano essere in terra poiché il pavimento era pulito: a un certo punto, però, sono spuntate fuori delle fotografie dei sopralluoghi finite chissà dove, dove si vede il pavimento sporco di sangue. Poi viene alla luce anche un video, trasmesso in tv, dove si nota ancor più nitidamente che il pavimento è un orrore: sangue dappertutto. È tutto così: mi tirano addosso accuse infamanti, cattivissime, ma poi le perizie, e le prove che nessuno cerca, mi danno ragione. E io, su quelle supposizioni errate poste a fondamento dei 10 punti del gup Gramola, mi sono presa una condanna a trent’anni. Mi chiede se sono fiduciosa? Sì lo sono, perché non è umanamente possibile reiterare uno sbaglio così macroscopico. Aggiungo un’ultima cosa, anzi due».
Prego.
«Basandosi sugli atti dell’autorità giudiziaria un investigatore privato ha scavato laddove, prima di lui, avrebbero dovuto indagare altri. E ha portato all’attenzione della procura degli elementi oggettivi. Mi chiedo, e vi chiedo: sono stati approfonditi? Confido molto nei Pm di Torino, spero di vedere presto dei risultati».
La seconda precisazione?
«Ah già, in questa orgia di indiscrezioni dove mi si dà per spacciata, e dove si definisce “smentita” la ricostruzione della difesa, ci si dimentica di un dettaglio: si è dubitato di noi, del nostro avvocato, dei nostri consulenti. Ci hanno accusato di aver manomesso le prove sulle impronte per calunniare un innocente. Bene.

Ora che si è scoperto che le macchie in garage non sono di sangue, e che quindi non c’era il nostro zampino dietro, perché correttamente non si ammette che l’aver ipotizzato una falsificazione delle prove è, a tutti gli effetti, una calunnia a nostro danno?».

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