Roma Si aspetta che la Corte Suprema brasiliana decreti l’estradizione e si dice intanto soddisfatto che Lula abbia fatto sapere che il suo governo ne rispetterà la decisione. Ma, oltre a rilevare come non gli sia piaciuto affatto l’atteggiamento del ministro della Giustizia carioca Genro, il ministro degli Esteri Franco Frattini, già commissario a Bruxelles di Giustizia e Interni, tiene a levarsi un sassolino dalla scarpa nella vicenda che ha visto l’Italia reclamare la consegna di Cesare Battisti: «In senso strettamente giuridico - osserva - si può definire corretta la tesi della commissione Barroso sulla sua non competenza a intervenire davanti alla richiesta avanzata da Ronchi sull’argomento. Ma proprio nel momento in cui l’Unione sta deliberando sullo status di profugo valevole per tutti e 27, si può rinunciare a definire una linea per quanto riguarda gli europei nei confronti di altri Paesi? Perché stavolta è toccato a noi, ma se domani il Brasile o l’Indonesia dicessero di no alla restituzione di un terrorista della Baader Meinhof alla Germania, come dovremmo comportarci? Secondo me, a Bruxelles hanno davvero perso una occasione importante...».
Dice?
«Dico. Intanto, basta guardarne gli atti, tanto il consiglio d’Europa che il Parlamento europeo dibattono ampiamente su problemi di questo tipo. Dopodiché - ripeto - la commissione non avrà strumenti in punta di diritto, ma la questione è politica: nel respingere la nostra richiesta di estradizione, il Brasile ha sostenuto che la decisione è frutto dei rischi che Battisti avrebbe potuto correre in Italia. Il che vorrebbe dire che si mette in dubbio la tenuta costituzionale e democratica di un paese della Ue. Può tacere Bruxelles davanti a questa tesi? E se domani toccasse al Belgio o alla Polonia, come ci si comporta? Si fa finta di niente?»
Beh, in effetti non appare una grande prospettiva per chi si dichiara la più grande democrazia del mondo...
«Appunto. Quella di Ronchi non era una provocazione, come ha pensato qualcuno, ma una richiesta politica di chiarimento, visto che proprio la Ue sta lavorando per stabilire per tutti quale dev’essere lo status del rifugiato e, dunque, sta decidendo quali siano i canoni per accettarne la richiesta d’asilo. Anzi, so che in questi giorni si va stilando un elenco di Paesi, come l’Australia o il Canada, i cui cittadini, evidentemente, non possono avanzare richieste. Ma agli europei chi ci pensa? Tocca agli altri darci patenti di democrazia?».
È quello che ha fatto Genro, no? Come giudica la posizione del ministro brasiliano che si è fatto lo scudo di Battisti?
«Il tipico politico sudamericano legato alle aree più radicali della sinistra. Che vede in Battisti non un terrorista e un assassino, ma un guerrigliero della libertà. Peccato si guardi bene dal ricordare che Battisti agiva in modo criminale in un paese democratico. Comunque ho l’impressione che in questi ultimi giorni cerchi più di tenere il punto che altro. Credo si stia rendendo conto di aver commesso un errore nella strenua difesa di Battisti».
L’ha letta, Frattini, l’autodifesa fatta uscire dal carcere dal terrorista...Che ne pensa?
«La definirei una cosa grottesca se non dovessi tener conto del dolore dei parenti di tante vittime innocenti. Ma è un’altra prova del soggetto con cui abbiamo a che fare: un pluriassassino condannato dopo processi lunghi e approfonditi».
Aspettiamo la decisione dei giudici brasiliani e incrociamo le dita. Ma intanto Berlusconi esorta a non danneggiare gli eccellenti rapporti col Brasile... Non è una marcia indietro rispetto all’ira iniziale?
«Per niente. È la linea che abbiamo definito assieme al presidente del Consiglio perché non si può non tener conto dei rapporti storici, politici ed economici che uniscono i nostri due popoli. Non è che possiamo scordarci dei 30 milioni di oriundi italiani che vivono là. Ma neanche intendiamo far finta di niente davanti a quello che riteniamo un grave errore commesso da una parte del governo brasiliano.
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