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Fuori Britti, Ron e la Nicolai nella serata dei grandi duetti

Le coppie esaltano anche canzoni modeste. De Piscopo suona e va via: è morta la madre

Cesare G. Romana

da Sanremo

Entrano in finale Zarrillo, Povia, Dolcenera, la Tatangelo, i Nomadi, gli Zero Assoluto e, tra i giovani, Simone Cristicchi e Riccardo Maffoni. Discutibilissimo verdetto (esclusi Ron, Britti e Nicky Nicolai) a conclusione d’una serata di inconsueto livello. In cui quello che normalmente i cantanti italiani, così individualisti, così gelosi ciascuno del proprio particulare, evitano rigorosamente di fare, Sanremo l’ha ottenuto. Ed è quasi un miracolo: una serata tutta di duetti, il chitarrista di Vasco Rossi che suona con Dolcenera e Tosca che s’alterna con Loredana Berté al fianco di Ron, Roberto Vecchioni che s’affianca ai Nomadi e Tullio De Piscopo che, pur avendo appena saputo della morte della madre, offre le sue pirotecniche bacchette ai Ragazzi di Scampia. Accadono così tanti piccoli miracoli nel miracolo: canzoncine senza storia che diventano improvvisamente importanti, ed ecco la serata migliore, la più densa e talvolta emozionante di un festival che di emozioni sembrava del tutto privo. Con un interrogativo che inquieta un poco, e lascia un pizzico d’amaro in bocca: cosa ne sarebbe stato della bella canzone di Mario Venuti, se i cosiddetti giurati non l’avessero brutalmente bocciata, e a interpretarla con l’autore fosse intervenuto Peppe Servillo, il cantante degli Avion Travel? E che assorte magie ci avrebbe riservato il bellissimo brano di Carlo Fava e Noa, se a impreziosirlo ulteriormente ci fosse stata la fisarmonica di Richard Galliano?
Va bè, ma con i se non si fa la storia, neppure quella effimera del festival di Sanremo. E allora accontentiamoci di quello che passa il convento: per dirne una, di Tiziano Ferro che offre una marcia in più al modesto motivo di Michele Zarrillo, cui è toccato l’onore, si fa per dire, di inaugurare ieri la quarta serata della kermesse, con l’apporto supplementare di Giuseppe Bono e del suo ispirato violino. E godiamoci pure una Sarah Jane Morris al meglio di sé, capace di tramutare la non straordinaria paginetta proposta da Simona Bencini in un gospel ricco di verve e di passione.
Poi, ovviamente, ci sono i giurati, razza cui la qualità e il talento danno l’orticaria, e non si stancano di dimostrarlo ad oltranza. Ma intanto i bei momenti non sono mancati, come si è detto. Ecco per esempio gli Zero Assoluto, con il loro pimpante hip hop cui Nicolò Fabi ha aggiunto inattese sfumature cantautorali, senza che il brano ci rimettesse in brio e commestibilità. E poi Povia: con Francesco Baccini alla fisarmonica e al canto, e Margherita Graczyk al violino: sicché il brano vola ben oltre i propri limiti, da gradevole divertissement si trasfigura in gioiello d’ironia e di stile.
Dei Ragazzi di Scampia s’è detto: aggiungete alla voce d’oro di Gigi Finizio la batteria d’un De Piscopo in assoluto stato di grazia, e l’esito è immaginabile. Così come basta affiancare a Dolcenera, al suo fraseggio tormentato, la chitarra di Maurizio Solieri, normalmente al servizio di Vasco, e Com’è straordinaria la vita acquista un’anima rock che l’esalta. Poi c’è Ron: arriva affiancato da Tosca, con la sua voce assorta e bellissima, quindi subentra Loredana Bertè e la decantata dolcezza del brano s’anima di carnalità, da inno all’amore angelicato diventa celebrazione dei sensi e della passione.
Certo non ci si potevano attendere analoghe emozioni da Britti abbinato a Max Gazzé - penalizzati, per giunta, da un proditorio inghippo tecnico -, nonostante l’egregio apporto della Britti Blues Band e l’ottima prova chitarristica dello stesso Alex. Né dalla Tatangelo affiancata dai pur bravi Ricky Portera e Alberto Radius.

Ma che bel momento ci hanno regalato Nicky Nicolai col marito Stefano Di Battista e Giovanni Allevi, e i Nomadi con la voce ospite d’un Vecchioni in magnifica forma. E pazienza se Flavio Oreglio ha aggiunto sottintesi volgarotti alla canzoncina dei Sugarfree: dateci un’altra serata così, e finisce che accade l’impossibile. Che, nientemeno, ci si riconcilia col festival.

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