Fuoriclasse e scarponi nella squadretta della cultura italiana

Il talento non manca ma la troppa paura di osare e vincere ci limita. Molti doppioni, poca fantasia: sembra che esista un solo modo di pensare, di scrivere, di essere artisti

Fuoriclasse e scarponi nella squadretta della cultura italiana

«Anche senza bisogno della censura, in Occidente viene operata una puntigliosa selezione che separa le idee alla moda da quelle che non lo sono, e benché queste ultime non vengano colpite da alcun esplicito divieto, non hanno la possibilità di esprimersi veramente né nella stampa periodica, né in un libro, né da una cattedra universitaria. Lo spirito dei vostri ricercatori è sì libero, giuridicamente, ma in realtà impedito dagli idoli del pensiero alla moda. Senza che ci sia, come all'Est, un'aperta violenza, questa selezione operata dalla moda, questa necessità di conformare ogni cosa a dei modelli standardizzati, impedisce ai pensatori più originali e indipendenti di apportare il loro contributo alla vita pubblica e determinano il manifestarsi di un pericoloso spirito gregario che è di ostacolo a qualsiasi sviluppo degno di questo nome... Ed è così che i pregiudizi si radicano nelle masse, che la cecità colpisce un intero Paese, con conseguenze che nel nostro secolo dinamico possono risultare assai pericolose». Così parlò Aleksandr Solzenicyn all'università di Harvard nel 1978. In esilio dall'Urss, che lo aveva prima rinchiuso in un gulag e poi perseguitato, lo scrittore russo aveva scoperto che nel libero Occidente esisteva qualcosa di simile alla censura: il conformismo.

Ora diteci che questo discorso, con tutti i distinguo del caso, non descrive alla perfezione il pensiero unico, il libro unico, il festival unico dell'Italia di oggi. Risultato: dibattito inesistente, fuoriclasse in panchina, brocchi in campo, pubblico annoiato in fuga.

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