Galateo semiserio per riciclare i regali

Serena CoppettiA Natale, si sa, bisogna essere buoni. Però, grazie a Dio, Natale è passato. E allora se sotto l'albero avete sorriso a denti stretti spacchettando l'ennesimo, orribile maglione regalato dalla zia, se avete amabilmente ringraziato l'amica per il profumo che mai metterete, se avete mostrato di avere gradito l'ultima inutile diavoleria elettronica, l'improbabile soprammobile, il tomo patinato di quel best seller che non leggerete mai, ora potete concedervi il lusso di non essere più così bravi. Pensate: per ogni regalo c'è una persona che avrebbe voluto riceverlo. Peccato che non siate voi... Il vero - forse persino l'unico - ostacolo da superare a questo punto di gennaio è il senso di colpa (per chi ne ha dimestichezza). Se può servire, sappiate che siete in buona compagnia. Un italiano su cinque è già pronto a riciclare i regali di Natale (dati Coldiretti). Eppoi, suvvia non chiamiamolo più così.... Si è sempre chiamato «riciclo», ma ora s'è dato un po' di tono, andando a sciacquare i panni nell'oceano. Eccolo, quindi il re-gifting che gli esperti (?) dicono sia nato in America. Ohibò. S'è rifatto il nome e nel frattempo ha un po' perso anche quell'antica aria da tabù sociale. Secondo una ricerca commissionata dalla piattaforma e-commerce «eBay» da Santo Stefano ad oggi ci sono 2,8 milioni di italiani pronti a rivendere un regalo doppio o poco gradito. Anzi. Sempre i soliti esperti (?) sostengono ci sia ogni anno una sorta di «re-gifting day», giornata in cui le vendite on line toccano il picco massimo con il riciclo dei regali natalizi. In fondo basta una foto e un click per sbarazzarsi di ciò che, comunque sia, non userete mai. E quindi bando ai rimorsi. Qualche anno fa un gruppo di ricercatori su Psychological Science s'è pure preso la briga di studiare il re-gifting visto dalla parte di chi dona e di chi riceve: a sentirsi inadeguati erano i riciclatori. «Il regifting non è sbagliato», sentenziava uno degli autori della ricerca, Gabrielle Adams dalla London Business School. «È un modo per garantire che i doni siano diretti a chi saprà veramente goderne. La gente non dovrebbe vergognarsi di dare a qualcun altro un dono che hanno ricevuto». Insomma, è un modo come un altro per fare del bene, mettiamola così. E così il 77 per cento ricicla a parenti e amici, il 32 per cento andrà a restituire il pacco di Natale al negozio per cambiarlo o farsi fare un «buono», mentre un italiano su quattro cerca di monetizzare con una vendita on line (complice la crisi). La piattaforma eBay ha istruzioni dettagliate per «sopravvivere a regali poco azzeccati». Certo, qualche accortezza ci vuole. State attenti a-chi-date-cosa. Se il regalo arriva da un amico «re-giftate» su colleghi o parenti o comunque ad amici di altra cerchia. La confezione deve essere integra. Sui capi d'abbigliamento ci deve essere attaccato il cartellino. Se si tratta di un libro attenzione che non ci sia una dedica.

Controllate la scadenza in caso di prodotto gastronomico. Il pacchetto deve essere ri-fatto e ben fatto. In due parole: usate il buonsenso. Perché anche se quella del riciclo è un'arte senza rimorso, non riuscirete a sopravvivere alla vergogna di un riciclo senza stile.

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