Gara fra comunisti per dare il voto agli extracomunitari

Paola Setti

Comunisti contro comunisti, in lotta (continua) per chi per primo potrà assumersi il merito di aver dato agli extracomunitari il diritto di voto e quindi, presumibilmente, per chi quel voto lo vedrà comparire sul proprio simbolo. È una gara senza esclusione di colpi (bassi) quella fra Comunisti Italiani e Rifondazione comunista in Regione. I primi, con l’assessore alle Politiche dell’immigrazione Enrico Vesco, aveva ricevuto mandato dalla giunta di presentare un pacchetto legislativo per l’estensione dei diritti agli immigrati, dal voto alla casa all’assistenza sanitaria. Ma i compagni (ex) di Rifondazione li hanno battuti sul tempo, presentando tre proposte di legge in consiglio.
Nell’ordine: la modifica dello Statuto regionale con l’introduzione del diritto di voto agli extracomunitari, sulla scia del contestatissimo provvedimento già assunto in Comune e oggi al (secondo) vaglio del Tar. Una legge di un unico articolo che dichiari la Liguria «territorio non idoneo alla costruzione o collocazione di centri di permanenza temporanea» perché, dicono Marco Nesci e Giacomo Conti: «Noi siamo una regione democratica e antifascista che si oppone ai lager». E un testo unico che raccolga tutte le disposizioni di tutela degli extracomunitari: istituzione di una Consulta regionale ad hoc, possibilità di iscriversi al sistema sanitario nazionale, obbligo per le strutture sanitarie di assistere anche chi non sia in possesso di permesso di soggiorno in caso di urgenze, istituzione di sportelli per immigrati in ogni ospedale, diritto di accesso ai bandi pubblici per le abitazioni e cancellazione dell’obbligo di possedere una casa di adeguata metratura per i ricongiungimenti familiari, corsi gratuiti, pagati dalla Regione, di lingua italiana presso enti locali e scuole, incentivi (600 euro al mese per 36 mesi) per l’assunzione dei mediatori culturali, istituzione di un osservatorio composto da associazioni, Regione e Arte contro l’affitto di immobili a prezzi esagerati, modifica dei compiti del difensore civico, che possa ricevere denunce di sfruttamento, per esempio della prostituzione, e attivare percorsi di reinserimento sociale con il mondo del volontariato o la richiesta di asilo politico con il ministero degli esteri.
Una rivoluzione insomma, che però, giura Vesco, era già allo studio del suo assessorato: «Ci lavoro da cinque mesi e non escludo che il Prc abbia copiato le mie proposte - accusa -. Capisco la necessità di recuperare dopo che ho aperto il dialogo con i centri sociali, ma io ho un mandato ufficiale dalla giunta». Furioso anche il capogruppo Tirreno Bianchi, che accusa Nesci di essere stato fin troppo «rock» solo per «acquisire visibilità mediatica».

I provvedimenti previsti, chiunque ci metta il cappello, avranno un costo, e l’assessore al Bilancio Giovanni Battista Pittaluga su molte cose ha già storto il naso. «Pittaluga dovrà ascoltarci perché siamo la seconda forza di maggioranza» avverte Nesci. Ma c’è da credere che prima o poi dovranno unire le forze. Perché fra i due litiganti c’è sempre un terzo che la spunta.

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