Gara di ricordi per Santo il partigiano liberale del manifesto «taroccato»

Come amico del caro Elvezio Massai, anche se conosciuto solo nel 2005, voglio ricordare che al di fuori del nostro Giornale nessun altro quotidiano, compreso Il Secolo XIX, spesso così attento alle «cause resistenziali», ha menzionato l’eroico capo partigiano ligure e molto probabilmente perché scomodo, non conformista e soprattutto non allineato alla sinistra, che di queste «cose» ritiene anche se a torto di avere il monopolio. Nel libro «Bisagno - La vita, la morte, il mistero», scritto da Elvezio Massai e P. L. Stagno, è annotato: «Elvezio Massai “Santo”. Medaglia d’argento al valor militare della Resistenza. Ha partecipato alla lotta partigiana come comandante del distaccamento Alpino, una delle formazioni più agguerrite della leggendaria divisione “Cichero”. Massai al fianco di Bisagno, del quale fu compagno di scuola e amico fin dall’infanzia, si trovò a contrastare la volontà egemonica del partito comunista all’interno del movimento resistenziale. Attualmente presidente del Circolo Bisagno e vice presidente dell’Istituto storico della Liguria di Genova». È spirato serenamente quasi novantenne negli ultimi giorni del luglio scorso nella sua caratteristica casetta di Sori, posta al piano terra e proprio di fronte al mare.
Con lui se ne è andato uno degli ultimi pezzi puliti della Resistenza ligure, noto a tutti con il nome di battaglia di Santo.
Massai l’8 settembre 1943 si trovava in convalescenza a Recco, dal momento che frequentava la scuola di guerra, e quando seppe del messaggio alla nazione del maresciallo Badoglio era sulla piazza della chiesa parrocchiale. Dopo qualche iniziale tentennamento, dovuto soprattutto ai consigli e alle insistenze di suo padre, trascorso a Baiardo (comune in provincia di Imperia) decise di prendere la strada della montagna e si aggregò alla divisione Cichero. Fedelissimo di Bisagno e suo carissimo amico si dimostrò fino all’ultimo. Se è per questo anche dopo la sua morte descrivendone «le gesta» nel libro sopraccitato e confermando tutti i dubbi sorti circa la morte del partigiano bianco e tanto scomodo, perché non comunista, ma anzi cattolico, liberale e magari monarchico.
Massai è stato addirittura scambiato con lo stesso Bisagno da alcuni sedicenti storici e dalla Regione Liguria, che in occasione dell’ultima celebrazione del 25 aprile stampò manifesti con una foto, credendo che vi fosse ritratto Aldo Gastaldi, mentre il prestigioso partigiano raffigurato era appunto Santo. Prima di concludere questa mia memoria voglio ricordare un episodio.
Il glorioso comandante della «Cichero», Bisagno, era da tempo tenuto d’occhio da Anelito Barontini, fanatico comunista poi deputato del Pci ed agente del famigerato Kgb sovietico, che voleva a qualunque costo farlo fuori o comunque silurarlo.
Al momento dell’episodio di «Fascia», descritto nel libro più volte indicato, episodio che avrebbe potuto avere tragiche conseguenze per lo stesso comandante, Aldo Gastaldi fu convocato in quella località per essere esautorato o forse addirittura ucciso.
Però per fortuna o forse per consapevolezza del pericolo Bisagno aveva avvertito il suo fedelissimo Santo, dislocato in quel periodo a Loco, di seguirlo perché non si sentiva tranquillo e non sapeva cosa sarebbe successo. Ma forse lo sapeva benissimo.
Prudentemente e molto opportunamente Elvezio Massai non solo aderì all’invito, ma si preoccupò di farsi accompagnare da un folto gruppo dei suoi alpini, armati fino ai denti. La prudenza e il comportamento di Massai evitarono senza dubbio la prematura e preventivata fine del glorioso Bisagno.
Santo, imbracciato il mitra, entrò nella sala del locale, ove Barontini ed altri capi comunisti stavano per disporre il siluramento o forse la morte dello stesso Bisagno ed avrebbe sicuramente sparato per salvare il suo prode comandante (avendo anche predisposto l’intervento dei suoi fedeli e coraggiosi alpini), ma lo stesso Gastaldi con un semplice gesto della mano gli fece capire di fermarsi. E così la vita di Bisagno fu momentaneamente salvata.
Alla fine della guerra Elvezio Massai aveva preso accordo con il fratello di Bisagno per un’autopsia da farsi sul corpo del comandante per appurare le causa del decesso, ma il fratello chi sa perché decise con il sen. Raimondo Ricci, comunista e presidente dell’Anpi di non fare niente e così la morte di Bisagno rimase un mistero, anche se non troppo.


Dopo questa inopportuna e certo inspiegabile decisione lo stesso Massai per protesta diede le dimissioni da ogni carica nell’ambito degli organi resistenziali e si ritirò nella sua bella casetta di Sori, ma non mancando di scrivere le sue preziose memorie.

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