Quei politici liguri incapaci di tutelare i posti di lavoro

Nel panorama della crisi italiana che attanaglia il mondo del lavoro, Genova si è ritagliata una posizione di «privilegio» grazie ad un'azienda, sconosciuta ai più, che funge da vera e propria cartina tornasole per tutti gli aspetti comuni a questi casi, in particolare i licenziamenti non chiaramente giustificati e l'inadeguatezza della classe politica a fronteggiare e risolvere questo tipo di situazioni.
L'azienda in questione è la Bocchiotti Spa, un gruppo industriale fondato a Genova nel 1965, che detiene il quasi monopolio nella produzione dei sistemi di canalizzazione elettrica in Italia ed esporta i suoi prodotti in 38 Paesi europei ed extraeuropei. L'azienda al 2009 contava oltre 350 dipendenti in Italia, di cui circa 200 in Liguria (tra la sede di Arenzano e quella di Sturla, quest'ultima oggi accorpata alla prima) e un fatturato annuo stimabile in 150 milioni di euro. Nel 2009, però, in nome di una «riorganizzazione aziendale», la Bocchiotti decide di trasferire parte della propria attività in Svizzera, tagliando 35 posti di lavoro a Genova, quasi tutti nel ramo del back-office commerciale. Già qui saltano all'occhio due elementi quanto meno curiosi: perché per la delocalizzazione è stata scelta la ricca Svizzera (nello specifico il comune di Stabio, Canton Ticino, a 6 km dal confine italiano) e non l'Est o il Far East? E perché è stato necessario far ricadere la scure dei tagli al personale in modo così spropositato verso la sede di Sturla senza una distribuzione più equa con le altre sedi? Sulla delocalizzazione svizzera torneremo in un'altra puntata di questa inchiesta, mentre per la motivazione ai tagli del personale genovese la giustificazione usata dall'azienda è stata: «Colpa della crisi». Curioso, visto che il bilancio 2009 è stato chiuso con un utile di ben 4,8 milioni di euro.
I 35 lavoratori scelti dall'azienda per essere mandati a casa, consci di questa situazione, hanno quindi richiesto l'aiuto di sindacati e politica. I primi hanno risposto con un patteggiamento per il male minore: lasciamo perdere il salvataggio dei posti di lavoro e pensiamo ad ottenere cassa integrazione, mobilità e buonuscita. I politici e le istituzioni, ad eccezione dell'ex capogruppo Pd in Comune Marcello Danovaro, si sono impegnati a sensibilizzare sulla questione. Tradotto: una pacca sulle spalle e condoglianze. Entrando nello specifico, l'iter politico è partito dal Comune nei primi mesi del 2010, grazie a Danovaro che ha portato l'argomento in conferenza di capigruppo, e quindi in consiglio comunale dove è stato votato all'unanimità l'impegno dell'allora sindaco Vincenzi e della Giunta sulla vicenda. Arrivati a questo punto formalmente positivo, però, né Marta Vincenzi né i suoi assessori hanno mai mosso un dito per aiutare i lavoratori.

Stesso canovaccio in Provincia con l'allora assessore alla Pianificazione Generale Paolo Perfigli, il quale dopo aver richiesto bilanci e ogni tipo di documentazione utile alla Rsu, si è fermato ad un impegno formalmente corretto ma effettivamente inutile. Danovaro si è mosso anche in Regione, portando il presidente Burlando a far visita all'azienda, ma neppure l'impegno del governatore ha sortito alcun effetto utile.
(1-continua)

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