«Voglio dare il mio contributo perché Genova abbia un futuro»

«Sono siciliano di nascita e di cuore. Ma Genova è la mia città. La amo, non saprei farne a meno. Ecco perché sono arrabbiato con la sinistra che l’ha governata. Negli anni ’60 chi sbarcava a Genova con la valigia di cartone e lo spago, trovava lavoro. Ora i nostri figli e nipoti devono andarsene via». Beppe Costa, consigliere comunale del Pdl, medico e candidato a Tursi per Vinai sindaco, è pronto a rimettersi in gioco.
Quindi, si riparte?
«Sì, la carica ce l’ho ancora. Ho un nipotino di due anni, e voglio cercare di dare il mio contributo perché lui e la città abbiano un futuro».
Perché ha scelto di stare con Vinai?
«È stata una scelta naturale, quella del mio partito. Vinai ha sempre militato nel Pdl, anche se la sua “dichiarazione d’indipendenza” nasce per allargare la base di sostegno. Lui stesso non fa segreto di aver fatto osservazioni all’interno del Pdl».
Genova come sta?
«La città è sull’orlo del burrone, non si vede la luce in fondo al tunnel. Sono 20 anni che è sempre più povera, il Comune ha un debito stratosferico di oltre 1.300 milioni che sarebbe ancora più alto se Tursi non avesse svenduto tutti i gioielli di famiglia. Spero o mi illudo di poterlo arginare con il mio impegno e mi auguro che con questa campagna s’inverta il percorso. Altrimenti si va al disastro».
D’accordo, però Genova è una città «rossa» e ora all’orizzonte c’è in corsa un «arancione».
«Dietro i temi di Sel, c’è lo schieramento del no, del non fare niente. Prendiamo la Gronda: hanno già valutato tutti gli aspetti, rassicurato gli abitanti e a questo punto non se ne dovrebbe più fare nulla? Non si capisce come la città potrà creare infrastrutture indispensabili per la propria sopravvivenza».
Come sta procedendo la campagna elettorale?
«Non è un momento facile: siamo in una fase di antipolitica, la gente mette tutti nello stesso calderone».
Che carte ha Vinai per vincere?
«Gli strumenti per rilanciare città: l’uso del territorio, il rilancio dell’industrializzazione. Facilitare le imprese a collocarsi sulla città. Bisogna puntare su un’integrazione forte tra città e porto, che è la vera miniera d’oro di Genova. L’altro strumento è il bilancio. Gli enti locali dicono di voler più soldi, ma prima vanno capiti quali sono i bisogni prioritari. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un mare di progetti che sono costati centinaia di miliardi e sono rimasti chiacchiere e annunci».
Chi arriva al ballottaggio?
«Vinai, vorrei vincesse già al primo turno, però...Vediamo cosa fa Doria. L’unica vera alternativa di contenuti è Vinai. I cittadini che sono attirati da posizioni di critica tipo grillini, li capisco, ma non ci si può limitare a criticare, non è più il tempo».
Paura dell’astensionismo?
«Non è un nostro timore. Dall’inizio della campagna elettorale, l’atteggiamento è un po’ diminuito: dalla critica tout court stiamo passando a valutazioni concrete».


Se dovesse dare un consiglio spassionato a Vinai, cosa gli direbbe?
«Deve essere più arrabbiato, il conformismo buttiamolo via. La vera forza è essere determinati e rappresentare alla città che c’è un popolo dietro Vinai che crede in lui».

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