Franco Crosiglia
Ansaldo leader mondiale nella costruzione di termovalorizzatori (o inceneritori, come vengono comunemente chiamati)? Pare proprio di sì, visto che l'impianto realizzato a Brescia dall'azienda genovese tra il 1998 e il 2003 ha appena ricevuto il titolo di miglior termovalorizzatore del mondo. A rilascirlo è stato il Wtert (Waste to energy research and tecnology council), un organismo indipendente formato da scienziati e tecnici promosso dall'americana Columbia University di New York.
Si è trattato di una gara molto selettiva alla quale hanno partecipato i venti migliori impianti del mondo. Tra questi ne sono stati inizialmente scelti 10 (6 europei e 4 americani). Ma alla fine è stato l'impianto bresciano gestito dell'Asm a spuntarla contro città come Malmoe (Svezia), Amsterdam, Londra, Montgomery, York, Vienna, Umea e Rochester. Un riconoscimento per la città ma soprattutto per Ansaldo che ha progettato e realizzato l'opera. Una vittoria importante anche in considerazione dei criteri adottati dai giudici di gara che hanno valutato sia i livelli di inquinamento dell'impianto, sia il recupero energetico, ossia la quantità di elettricità prodotta e la quantità di calore utilizzato per il cosiddetto teleriscaldamento. A Brescia, infatti, il calore prodotto dall'impianto non viene sprecato ma, attraverso una rete di tubazioni di oltre 500 chilometri, serve a scaldare le case di 130 mila bresciani.
Una vittoria, quella americana, accolta con entusiasmo da tutti. Dal sindaco di Brescia, Paolo Corsini, all'ad dell'azienda pubblica, Renzo Capra. Entusiasti anche i commenti delle associazioni ambientaliste come Federambiente: «Siamo orgogliosi di un premio che rappresenta un riconoscimento per l'Italia e un incoraggiamento a tutte le aziende e alle città che hanno scelto di ricorrere alle tecnologie industriali avanzate per trattare i loro rifiuti urbani evitando di nasconderli nelle discariche». D'altra parte, continua l'associazione ambientalista, «l'incenerimento con recupero di energia è uno strumento che si integra perfettamente con una gestione integrata del ciclo in un sistema efficiente e rispettoso dell'ambiente e della salute dei cittadini».
Dichiarazioni che sono destinate a rinfocolare il dibattito tutto genovese sul progetto del nuovo inceneritore. A far discutere sono soprattutto i dati relativi alle emissioni dell'impianto bresciano. Emissioni che sono il principale argomento di coloro che si sono opposti fino a oggi, organizzando appositi comitati. In primis ci sono le famigerate polveri sottili che a Brescia sono risultate nettamente inferiori ai limiti contenuti nell'ultima direttiva europea. A fronte infatti di un massimo di 10 (i dati sono in mg/Nm3), a Brescia nel corso del 2005 sono risultate emissioni al di sotto dello 0,5. Meno di un ventesimo del limite, e inferiori alle previsioni degli stessi progettisti genovesi (pari a 3) che si erano aggiudicati la gara ad un prezzo superiore di 30 miliardi rispetto alle concorrenti proprio grazie alle innovazioni tecniche apportate (provocando anche tentativi di ricorso da parte si una multinazionale americana risultata perdente). Un livello di emissioni che è risultato di gran lunga inferiore alle norme di legge anche sugli altri versanti come la polvere di azoto, il biossido di zolfo e i metalli pesanti. «Merito soprattutto dello speciale filtro adottato - spiega Martino Bolla, ingegnere in pensione che ha seguito personalmente la costruzione dell'impianto. L'inceneritore di Brescia ha adottato infatti uno speciale filtro a manica che, oltre a raccogliere efficacemente i fumi, è molto sicuro visto che più si sporca, più filtra».
Unico problema a Genova per Bolla è la localizzazione dell'impianto. Mentre infatti l'Ato (che riunisce i comuni della provincia) sembra aver deciso definitivamente per Scarpino, Bolla da tempo va spiegando, dati alla mano, che il nuovo termovalorizzatore andrebbe fatto sul mare, in porto.
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