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Georgia, i russi non si ritirano e attaccano i porti e le città

Saakashvili accusa: «Stanno sabotando le infrastrutture del Paese». Rimane occupata la città natale di Stalin

Intanto, però, sono le forze russe a farla da padrone nel territorio georgiano e invece che di ritiro (come vuole la road map Ue) si assiste a mini invasioni ad intermittenza. Nella serata di ieri circa 130 blindati russi hanno lasciato la città di Zugdidi, sul confine tra Abkhazia e Georgia, e sono penetrate in territorio georgiano. Il movimento reso noto dal portavoce del ministero dell'Interno di Tbilisi, Shota Utiashvili, è stato confermato dal presidente georgiano Mikhail Saakashvili secondo il quale il convoglio russo puntava diritto verso Kutaisi, la seconda città del Paese.
La Georgia accusa le truppe russe di «distruggere» le città georgiane di Gori (al confine con l’Ossezia del Sud) e il porto di Poti sul mar Nero, anziché riconsegnarle alle forze georgiane come stabilito. «Ci sono state esplosioni, stanno minando la città», ha denunciato Shota Utiashvili, portavoce del ministero dell'Interno di Tbilisi. «Stanno distruggendo tutto anche nel porto di Poti, e le strade appena costruite nella pare ovest del Paese».
La città natale di Stalin è di fatto una città sotto occupazione. Sebbene il capo del Consiglio di sicurezza georgiano, Alexander Lumaia, sta negoziando con il generale russo Vlaceslav Borisov il passaggio del controllo di Gori, una serie di violente esplosioni si sono udite in città. Le truppe russe hanno «non solo non hanno lasciato Gori e Poti, ma hanno incrementato il loro numero», aveva denunciato il ministero degli Esteri georgiano, Nato Chikovani. «Per tutta la notte di mercoledì i russi ci hanno ripetuto che se ne sarebbero andati, ma adesso hanno cambiato idea», ha dichiarato Chikovani. «Le nostre forze hanno così interrotto l'ingresso a Gori per evitare scontri». Mosca ha ammesso che le sue truppe sono ancora a Gori, ma «lavorano congiuntamente con la polizia georgiana», ha detto Borisov, precisando che «nei prossimi due giorni continueremo a lavorare insieme, e poi le forze verranno ritirate. Per ora in città sono tornati solo i poliziotti georgiani, dopo potranno tornare i civili».
Secondo testimoni, gli abitanti iniziano a tornare. Una colonna di poliziotti georgiani era stata vista entrare a Gori. Le migliaia di abitanti fuggiti non riescono a farvi ritorno. I pochi testimoni che sono entrati nella prima mattinata parlano di «edifici bruciati», di «una città di vecchi». Anziani che dovranno ancora fare a meno degli aiuti umanitari.

Senza l’intesa tra le parti non si apre il corridoio umanitario e gli aiuti rimangono a Tbilisi. Da qui non si esce. La polizia georgiana lo impedisce. Ciononostante, auto, furgoni e camion si ammassano nella speranza di potersi muovere verso ovest.

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